La sentenza n. 121 del 17 maggio 2019 della Corte Costituzionale ha stabilito che l’accertamento dei contributi previdenziali agricoli basato sulla stima del fabbisogno aziendale di manodopera , previsto dall’articolo 8, comma 3, D.Lgs. 375/1993 (come sostituito dall’art. 9-ter, comma 3, quinto periodo, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510) non viola la costituzione .
La questione era stata posta dlla Corte di Appello di Roma in merito ad una controversia tra INPS e un imprenditore agricolo cui era stato contestato «un fabbisogno di occupazione significativamente superiore alle giornate risultanti dalle dichiarazioni trimestrali denunciate dalla ditta», con riguardo agli anni 2007-2011, per un complessivo debito contributivo di euro 94.637,00.
L'imprenditore affermava che nulla era da lui dovuto all’INPS a tale titolo, in quanto il suddetto verbale «non conteneva l’elenco nominativo dei lavoratori per i quali la contribuzione veniva pretesa». Lo stesso Tribunale respingeva la domanda di accertamento negativo per cui l'inps ricorreva in Appello.
La Corte d’appello di Roma premette che l’INPS pretende il versamento dei contributi sulla base dell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 375 del 1993, secondo cui, «[a]i fini del raffronto tra i dati aziendali accertati e gli elementi relativi alla manodopera occupata acquisiti sulla base delle risultanze del collocamento, gli uffici dello SCAU provvedono ad una stima tecnica a mezzo visita ispettiva e determinano il numero delle giornate di lavoro occorrenti in relazione all’ordinamento colturale dei terreni, al bestiame allevato, ai sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, ai periodi di esecuzione dei lavori, nonché alle consuetudini locali […]» – il denunciato comma 3 dell’art. 8 del d.lgs. n. 375 del 1993 stabilisce che, «[q]ualora dal raffronto risulti che il fabbisogno di occupazione determinato sulla base della stima tecnica è significativamente superiore alle giornate risultanti dalle dichiarazioni trimestrali, l’INPS diffida il datore di lavoro a fornirne motivazione entro il termine di quaranta giorni. Nel caso in cui non venga fornita adeguata motivazione e non siano stati individuati i lavoratori utilizzati e le relative giornate di occupazione, l’INPS procede all’imposizione dei contributi da liquidare sulla base delle retribuzioni medie (...) .
Secondo il rimettente, tale disposizione «prevede la possibilità di addebitare contribuzione per lavoratori che non siano stati preventivamente individuati nominativamente e personalmente».. Ma il d.lgs. n. 375 del 1993, prescrive anche all' art. 6, comma 2 che, "nella dichiarazione della manodopera occupata da presentare ogni trimestre, il datore di lavoro agricolo deve indicare, tra l’altro, «le generalità, la residenza ed il codice fiscale dei lavoratori occupati, nonché, per ciascuno di essi, la categoria, la qualifica, il lavoro svolto, il periodo di lavoro, il numero di giornate prestate o comunque retribuite in ciascun mese del trimestre precedente», dati «tutti […] indispensabili per poter accreditare le contribuzione sulla posizione assicurativa di ciascun lavoratore e per conoscere la retribuzione assoggettata a contributi». Inoltre, viene ricordata l’ordinanza n. 184 del 1999, la Corte costituzionale, la quale affermò che «il criterio contributivo commisurato al numero dei lavoratori occupati, alla durata, alla quantità ed alla retribuzione del lavoro prestato, risponde ad un principio generale del sistema previdenziale, che il legislatore ha apprestato per assicurare ai lavoratori prestazioni rispondenti alla garanzia costituzionale di protezione sociale (art. 38 Cost.)».
Da ciò l’illegittimità di una pretesa contributiva avanzata «in base a un calcolo astratto della manodopera che sarebbe stata impiegata in ambito aziendale, senza preventivamente procedere all’individuazione dei lavoratori beneficiari della maggiore contribuzione».
La Corte afferma infatti che l’imposizione dei contributi ai fini previdenziali su un numero di giornate determinato attraverso specifici dati tecnic,i ad esempio il tipo di bestiamo allevato, il sistema di lavorazione,le colture dei terreni, è perfettamente compatibile con la tutela previdenziale dovuta, "Tale imposizione, infatti, si traduce in un incremento dell’apporto finanziario al sistema previdenziale e dunque non pregiudica la tutela dei lavoratori, ma comporta un rafforzamento della copertura che gli enti previdenziali possono assicurare agli stessi."