Nuova sentenza della Cassazione in merito al reato di omesso versamento IVA, argomento su cui la giurisprudenza si è più volte pronunciata in maniera ambigua. (N. 17727 del 29.04.2019 qui allegata). In particolare, la Corte di Appello di Firenze aveva confermato la sentenza con cui l'imputato era stato ritenuto responsabile del reato di omesso versamento dell'IVA di cui all'articolo 10-ter D. Lgs 74/2000; sentenza avversa la quale ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, deducendo i seguenti motivi:
- l'imputato non ha potuto effettuare il versamento per assoluta mancanza di liquidità ed impossibilità di reperirla.
- violazione degli artt. 40, 41 e 42 cod. pen. e vizio di motivazione, anche per travisamento di prova decisiva, non avendo la Corte territoriale riconosciuto la causa di non punibilità della forza maggiore pur a fronte delle dichiarazioni rese dal curatore fallimentare escusso come testimone circa l'insussistenza nelle casse della società, al momento della scadenza del termine, di fondi sufficienti per effettuare il pagamento del debito d'imposta.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso non inammissibile e, essendosi il reato prescritto, la sentenza impugnata dev'essere annullata senza rinvio per tale causa. La parte interessante delle sentenza sono però le motivazioni generali, al di là del singolo esito. Infatti la Suprema Corte ha chiarito che, con riguardo alla responsabilità penale del liquidatore di società per il mancato versamento delle imposte sulla medesima gravanti, allorquando il debito contributivo si sia formato nel periodo di gestione di precedente organo amministrativo e l'omissione sia dovuta ad assenza della necessaria provvista non imputabile al liquidatore, la giurisprudenza di questa Corte ha seguito percorsi non univoci.
Secondo un primo indirizzo, in particolare affermato per il reato di omesso versamento dell'IVA di cui all'art. 10-ter, d.lgs. 74 del 2000, e sostanzialmente fatto proprio dalla sentenza impugnata, risponde quantomeno a titolo di dolo eventuale il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore o liquidatore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, omette di versare all'Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto attraverso tale condotta lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze.
Con più recente decisione, emessa in relazione all'analogo delitto di omesso versamento delle ritenute certifacate, si è invece affermato il principio secondo cui, in tema di reati tributari, il liquidatore di società risponde del delitto previsto dall'art. 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l'attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti. In motivazione, la decisione spiega che la conclusione è ricavabile dalle limitazioni fissate, dall'art. 36 del d.P.R. 602 del 1973, alla responsabilità in proprio del liquidatore, che sussiste solo qualora egli non provi di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci e creditori ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.
Benché tale disposizione - che, peraltro, riguarda l'obbligo civilistico solidale del pagamento dei tributi non versati - si riferisca esclusivamente alle imposte sui redditi, reputa il Collegio che il principio di cui essa è espressione risponda all'esigenza di non gravare chi assuma la carica di liquidatore di una società di responsabilità per omessi pagamenti dovuti all'insufficienza di risorse che spesso caratterizza la fase liquidatoria.