La Corte di Cassazione nella sentenza n. 11538 del 2 maggio 2019 ha affermato che è legittima la revoca dell’auto aziendale utilizzata per uso personale se il regolamento aziendale non prevedeva l’uso promiscuo. Quindi viene respinta la richiesta del lavoratore che chiedeva un indennizzo .
Il caso riguardava un manager della società Enel energia che chiedeva gli fosse riassegnala l'auto aziendale , di cui aveva goduto per due anni e poi revocata per uso promisco non conforme a quanto previsto dalla lettera di assunzione. In tale documento siglato dal dipendente al momento della consegna in data 21/11/2003 si faceva riferimento al regolamento aziendale nel quale l'auto era da intendersi disposta ad esclusivo interesse dell'azienda, così da poter essere revocata dalla datrice di lavoro in qualsiasi momento e senza preavviso,e senza diritto per il dipendente ad alcun indennizzo o compenso sostitutivo e con addebitoin busta paga, al 30 giugno e al 31 dicembre di ogni anno, del costo relativo all'uso personale dell'autoveicolo;
La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale di Cosenza respingeva il ricorso . Il manager aveva tentato di far valere l’uso promiscuo del mezzo, dimostrando come nessuna decurtazione per usi personali fosse stata operata sulle buste paga per l'uso personale.
La corte di appello invece ha giustamente affermato, secondo gli Ermellini, che appunto il fatto che i costi relativi ad usi personali del mezzo non siano stati decurtati dalla busta paga conferma l’inesistenza di tale uso promiscuo . Il contenuto del regolamento che prevedeva l’assegnazione dell’auto unicamente ad uso aziendale non puo essere contestato sulla base di questa circostanza .