Come può fare un residente all'estero a recuperare l'IVA versata in Italia su prodotti che porta fuori dall'Europa nel proprio bagaglio a mano? L'Agenzia ha fornito delucidazioni nella risposta all'interpello 93 del 2 aprile 2019 e disponibile in allegato a questo articolo.
In particolare, nell'interpello in commento l'istante, iscritto all’Anagrafe Italiani residenti all’estero (AIRE) ha chiesto chiarimenti in merito al recupero dell’IVA sui beni acquistati da rivenditori italiani e trasportati direttamente fuori dell’Unione europea nel proprio bagaglio personale, chiedendo se può ottenere dal rivenditore nazionale l’emissione della fattura ed il riaccredito integrale dell’IVA pagata, senza usufruire dei servizi offerti dalle società tax free convenzionate.
Nel rispondere l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che il decreto IVA (DPR 633/72) riconosce ai “privati consumatori”, domiciliati o residenti al di fuori dell’Unione europea, la possibilità di acquistare nel territorio dello Stato beni per uso personale o familiare, destinati ad essere esportati nei propri bagagli personali, per un importo superiore ad 154,94 euro (IVA inclusa), senza dover corrispondere la relativa imposta o, in caso di pagamento dell’imposta, con diritto al successivo rimborso. Ciò al fine di evitare una doppia imposizione, in quanto, diversamente i beni stessi, oltre a scontare il tributo nel Paese di acquisto, sarebbero sottoposti a tassazione anche all’atto dell’importazione nel Paese di residenza dell’acquirente.
In questi casi ci sono due modalità operative alternative di applicazione dell’IVA:
- assoggettamento della vendita al regime di non imponibilità e, quindi, emissione della fattura senza IVA. In questo caso, l’agevolazione viene concessa direttamente dal cedente nazionale, che emette fattura senza IVA scorporandola direttamente dal prezzo di vendita al pubblico ed indicando sulla fattura gli estremi del passaporto o di altro documento equipollente del cessionario. Un esemplare di tale fattura consegnata al cessionario estero deve ritornare, vistato dall’Ufficio doganale di uscita dall’Unione europea, al cedente nazionale entro il quarto mese successivo all’effettuazione dell’operazione. Il trasporto dei beni fuori dall’Unione europea deve avvenire, nel bagaglio personale del cessionario, entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Se i beni non sono esportati o il cedente non riceve l’esemplare della fattura vistato dalla dogana, deve procedere, entro il mese successivo, a regolarizzare l’operazione emettendo nota di variazione. Come chiarito nel documento di prassi è evidente che il cedente deve poter fare affidamento nell’effettiva esportazione dei beni e nella successiva ricezione della relativa documentazione entro i termini di legge, pena la riconfigurazione dell’operazione in imponibile, con il conseguente danno economico (rappresentato dalla pressoché certa irrecuperabilità dell’imposta addebitata al cliente estero), cui si aggiunge la sanzione dal 50 al 100% del tributo in caso di mancata regolarizzazione nei termini.
- applicazione dell’IVA con successivo rimborso della stessa. In questo caso il cedente nazionale può addebitare in rivalsa l’IVA al momento dell’acquisto, per poi procedere con la restituzione del tributo al viaggiatore extraUE nel momento in cui questi dimostri l’uscita dei beni dal territorio comunitario entro il terzo mese successivo restituisca l’esemplare vistato della fattura. Per contro, il cedente nazionale ha diritto di recuperare l’IVA mediante emissione di un’ordinaria nota di variazione in diminuzione e annotazione della corrispondente variazione nel registro di cui all’articolo 25 del DPR n. 633 del 1972.
attenzione va prestata al fatto che in entrambi i casi, la norma individua quale presupposto per ottenere l’agevolazione la richiesta dell’acquirente, della fattura anziché il rilascio del solo scontrino fiscale. La fattura, oltre a tutti gli elementi propri deve recare gli estremi del documento di riconoscimento del viaggiatore.
Si ricorda che dal 1°settembre 2018, l’emissione delle fatture relative alle cessioni in esame deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica tramite il sistema OTELLO 2.0 (Online tax refund at exit: light lane optimization), che ha, in sostanza, digitalizzato il processo per ottenere il “visto doganale” da apporre sulla fattura per avere diritto a non pagare l’IVA o al rimborso successivo dell’imposta gravante sui beni acquistati sul territorio nazionale da soggetti domiciliati o residenti fuori dall’UE. La nuova procedura si sostanzia nelle seguenti fasi:
- il cedente, mediante Otello 2.0, emette e invia immediatamente la fattura per il “tax free shopping” all’Agenzia delle dogane. Il cedente mette a disposizione del cessionario il documento in forma analogica o elettronica, con l’indicazione del codice ricevuto in risposta dal sistema informatico che ne certifica l’avvenuta acquisizione da parte dello stesso
- il cessionario, per avere diritto al rimborso o allo sgravio dell’IVA, dimostra l’avvenuta uscita dei beni dal territorio doganale della UE attraverso il “visto digitale” rappresentato da un codice univoco generato da OTELLO 2.0 e, in caso di uscita dal territorio dell’Unione europea attraverso un altro Stato membro, la prova di uscita dei beni è fornita dalla dogana estera secondo le modalità vigenti in tale Stato membro. Il cessionario si reca, quindi, in dogana, la quale ha già ricevuto il file della fattura; l’ufficio doganale verifica se il contenuto della fattura coincide con quanto esposto e, in caso di regolarità, inserisce nel sistema informativo l’avvenuta esportazione delle merci;
- il cedente, collegandosi via internet a Otello 2.0, può verificare se e quando il visto è stato rilasciato. Quindi, se il cedente ha emesso fattura con IVA, quando riscontra sul portale che il visto è stato rilasciato, può restituire l’IVA al cessionario ed emettere una nota di variazione.
In conclusione, il cedente, se richiesta dall’acquirente prima dell’emissione dello scontrino, deve emettere la fattura e non può rifiutarla. Tuttavia il decreto IVA rimette al cedente la scelta se far pagare il prezzo del bene al netto dell’IVA, o se attendere la prova dell’avvenuta uscita dei beni prima di restituire l’imposta.