La II Sezione Civile della Cassazione, nella Sentenza depositata il 27 febbraio 2019, n. 5734, riepiloga i principi che presiedono la disciplina sugli interessi di mora, facendo il punto sulla relativa decorrenza nei contratti di appalto privati.
La disciplina sugli interessi di mora. Il Decreto Legislativo 9 ottobre 2002 n. 231 trova applicazione per ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo nelle transazioni commerciali (art. 1), dove per tali si intendono i contratti, comunque denominati, tra imprese, o tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, a fronte del pagamento di un prezzo. La disciplina in esame è preordinata a contrastare i ritardi nei pagamenti, ovvero l’inosservanza dei termini di pagamento contrattuali o legali (art. 2). Il creditore vanta il diritto alla corresponsione degli interessi moratori, nella misura stabilita dal precitato decreto, tranne nell’ipotesi ove il debitore fornisca la prova che il ritardo nel pagamento del prezzo sia imputabile all’impossibilità della prestazione derivante da una causa a lui non imputabile (art. 3).
Gli interessi di mora decorrono in modo automatico (art. 4):
- dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento,
- dalla scadenza del termine di 30 giorni dal ricevimento della fattura da parte del debitore, o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente, qualora il termine per il pagamento non sia stabilito nel contratto, e senza che sia necessaria la costituzione in mora.
Interessi di mora nell’appalto. La definizione, contenuta nel decreto in esame, che comprende i contratti tra imprese che comportano in via esclusiva o prevalente la prestazione di servizi a fronte del pagamento di un prezzo, risulta compatibile con la definizione di appalto contenuta all’art. 1665 c.c., poiché la dizione “prestazione di servizi” si riferisce a tutte le prestazioni di “fare”. E’ stato evidenziato che il corrispettivo in denaro deve essere pagato alle scadenze contrattuali oppure, in difetto di pattuizione, quando l’opera sia accettata dal committente: consegue che da tale momento decorrono gli interessi di mora sulle somme. Peraltro, il corrispettivo diventa inesigibile qualora vengono riscontrati difetti sull’opera, e tale inesigibilità si protrae finché i vizi non vengano eliminati, ovvero il committente non opti per la riduzione del corrispettivo.
La vicenda. Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, la società committente, rilevata la sussistenza di vizi nell’opera, aveva preteso l’eliminazione diretta degli stessi, da parte della ditta appaltatrice, così aprendo un contenzioso giudiziario: il mancato pagamento del corrispettivo, da parte della committente, verso l’impresa esecutrice dei lavori, è stata ritenuta causa di debenza degli interessi solo dal momento della sentenza, dove tale credito, appunto, è divenuto liquido ed esigibile.