L'Agenzia delle entrate ha pubblicato tre risposte ad altrettante istanze di interpello, in tema di regime speciale per i lavoratori impatriati previsto dall’articolo 16 del “decreto internazionalizzazione” (Dlgs 147/2015). Il regime speciale prevede una tassazione ridotta del 50% per 5 anni dal momento in cui il lavoratore con alta qualifica e specializzazione in cui riprende la residenza in Italia e si impegna a mantenerla per almeno due anni. I tre casi pratici analizzati erano i seguenti :
Quesito e Risposta 32/2019
"Il regime speciale per gli impatriati è applicabile a un lavoratore, laureatosi in Italia, residente all’estero e iscritto all’Aire (dal 16 giugno 2017) che, dopo aver frequentato un corso universitario in Francia (dal 5 gennaio al 21 dicembre 2017) si è successivamente trasferito nel Regno Unito (nel 2018) dove attualmente lavora (dal 16 aprile 2018) e vive, qualora nel 2019 decida di rientrare in Italia?"
L'agenzia ricorda che sulla base di quanto previsto dall’articolo 16 e, in particolare, dal comma 2 destinatari del regime di favore sono i cittadini dell’Ue (o di uno Stato extraeuropeo con il quale è in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni che presentano i seguenti requisiti:
- sono laureati
- negli ultimi ventiquattro mesi o più hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro o studio fuori dall’Italia
- svolgono un’attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia.
La risposta quindi è negativa in quanto sebbene risulti soddisfatto il requisito della “non residenza in Italia”, il lavoratore che rientri nel 2019 non puo vantare un’attività continuativa di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi.
Quesito Risposta 34/2019
"Il regime speciale per gli impatriati è applicabile a un lavoratore nato in Belgio, laureatosi in ingegneria civile a Pisa nel 2000, che è stato residente all’estero dal 15 maggio 2011 al 19 luglio 2018 (periodo durante il quale ha svolto ininterrottamente attività di lavoro dipendente presso una società) e che successivamente ha trasferito la residenza in Italia (20 luglio 2018) ed è stato assunto (con contratto a tempo determinato per cinque anni con la qualifica di dirigente) da una società italiana (1° settembre 2018), impegnandosi a restare in Italia per almeno due anni?"
L’interpello è stato presentato dalla società che ha assunto il lavoratore.
In questo caso, sottolinea l’Agenzia, viene in rilievo la previsione del comma 1 dell’articolo 16, in base al quale al regime impatriati agevolato possono accedere tutti i soggetti, cittadini e non dell’Unione europea, che trasferiscono in Italia la residenza fiscale a partire dal 2016, e che:
- non sono stati residenti in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a restare in Italia per almeno due anni
- l’attività lavorativa viene svolta presso un’impresa residente in Italia con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la stessa
- l’attività lavorativa è prestata prevalentemente in Italia
- lavoratori rivestono ruoli direttivi ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
l’Agenzia da parere positivo sull'accesso al regime degli impatriati con effetto a partire dal periodo d’imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia, ossia dal 2019 e per i quattro successivi.
Quesito e Risposta 36/2019
"Si chiede se il regime degli impatriati è applicabile a un lavoratore che:
- è cittadino italiano, residente nel Regno Unito
- il 31 agosto 2012 si è iscritto un corso di laurea specialistica, conseguita il 4 febbraio 2014
- durante il corso di studi ha stipulato con una società inglese un contratto di stage (dal 5 agosto 2013 al 7 febbraio 2014)
- il 15 gennaio 2014 ha stipulato con la stessa società un contratto di lavoro a tempo indeterminato
- iscritto all’Aire dal 14 ottobre 2015 (risolto il 3 ottobre 2017)
- il 16 ottobre 2017 ha sottoscritto un nuovo contratto a tempo indeterminato con un’altra società
- nel 2019 rientrerà in Italia, trasferendovi la residenza e impegnandosi a mantenerla negli anni successivi.
Il dubbio dell’istante riguarda la circostanza che, nel caso in esame, l’attività lavorativa svolta nel Regno Unito ha subito un’interruzione (dal 3 al 16 ottobre 2017) tra la risoluzione del primo contratto di lavoro dipendente e l’inizio del nuovo lavoro. Inoltre, l’istante è iscritto all’Aire solo dal 14 ottobre 2015. Pertanto, è necessario capire se i due requisiti della residenza all’estero e del lavoro continuativo fuori dall’Italia debbano coesistere per tutto l’arco temporale dei ventiquattro mesi.
In questo caso si osserva che il lavoratore e iscritto all’Aire dal 14 ottobre 2015 e deve ritenersi fiscalmente non residente in Italia dal 2016. Quindi il periodo minimo di di residenza fiscale all’estero è sopddisfatto risulta soddisfatta con il periodo d’imposta 2017. anche se il periodo lavorativo e il periodo di iscrizione all'AIRE non coincidono .
Invece sul periodo di studio universitario all'estero per un solo anno accademico se è stato comunque conseguito un titolo accademico in precedenza, il requisito puo ritenersi soddisfatto mentre se non è stato acquisito un titolo di laurea nel territorio dello Stato prima di avere svolto attività lavorativa all’estero, per poter fruire del regime specialedovrà soddisfare contemporaneamente le condizioni previste dal comma 1, dell’articolo 16.