Secondo la Corte costituzionale la disciplina transitoria introdotta nel 2015 che limita la pignorabilità dei trattamenti previdenziali di stipendi e indennità ai provvedimenti successivi al 2015 è incostituzionale, in quanto discrimina i casi pendenti al momento dell'entrata in vigore della riforma . La consulta afferma ancora una volta la maggiore rilevanza da assicurare alla tutela del pensionato rispetto agli interessi del creditore.
La sentenza è la n. 12 del 2019 depositata il 31 gennaio 2019 a seguito della questione sollevata dal Tribunale ordinario di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione mobiliare, con ordinanza del 30 settembre 2015 (r.o. n. 72 del 2018), in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 6, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria) nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al precedente art. 13, comma 1, lettera l), laddove introducono l’ottavo comma dell’art. 545 del codice di procedura civile, si applichino esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto d.l. (27 giugno 2015), anziché a tutte le procedure pendenti alla medesima data.
Il giudice dava conto dell'opposizione di un debitore, sul cui conto corrente oggetto di pignoramento veniva accreditato esclusivamente l’assegno sociale mensile.
Secondo la Consulta la materia è di importanza sostanziale in quanto si tratta di salvaguardare la protezione dei pensionati ai quali vanno comunque garantite condizioni di vita sufficienti . Questo aspetto ha importanza prevalente rispetto alla certezza giuridica assicurata dalla norma in esame ai creditori che avevano avviato le procedure di pignoramento .
Nella sentenza si afferma che «nel contesto in cui il legislatore – ottemperando al monito di questa Corte – ha effettivamente esercitato la sua discrezionalità al fine di garantire la necessaria tutela al pensionato che fruisce dell’accredito sul proprio conto corrente, risulta irragionevole che tale tutela non sia estesa alle situazioni pendenti al momento dell’entrata in vigore della novella legislativa».
In più, la Consulta osserva che anche se il tribunale di Brescia, che ha sottoposto al questione alla Corte, non ha direttamente evocato l’articolo 38, secondo comma, della Costituzione (quello che riconosce il diritto del lavoratore a potere contare su mezzi adeguati), «la questione posta in esplicito riferimento alla pronuncia di questa Corte con la sentenza n. 85 del 2015 deve essere accolta in riferimento al principio di eguaglianza, che è strettamente collegato – nella fattispecie in esame – al principio dell’impignorabilità parziale dei trattamenti pensionistici. Quest’ultima è posta a tutela dell’interesse di natura pubblicistica consistente nel garantire al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita».