Nella circolare di approfondimento pubblicata ieri dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro viene contestata la posizione dell'Agenzia delle entrate in merito alla modalità di applicazione della tassazione agevolata prevista sui premi di risultato introdotta dalla legge di stabilità 2016 . I consulenti affermano infatti che stando all' interpretazione dell'Agenzia presentata nella risoluzione 19 ottobre 2018, n.78/E, la tassazione agevolata sarebbe applicabile esclusivamente se,
nel periodo congruo considerato, si verificasse il raggiungimento di uno degli obiettivi concordati nell’accordo aziendale, misurato in termini incrementali rispetto ad un determinato dato storico già registrato a consuntivo.
Il presupposto dell’incremento, afferma la circolare, rispetto ad un periodo storico per la fruizione dell’agevolazione, preteso dall’Agenzia delle Entrate non può essere condiviso per una serie di ragioni sia logiche che storiche che di lettura del dato normativo. Di fatto i Consulenti del lavoro difendono la centralità della contrattazione collettiva sia nazionale che aziendale che deve poter definire i criteri di competitività da raggiungere nel momento della negoziazione, indipendentemente dai dati storici.
La circolare afferma che il regime agevolato in argomento nasce dal Patto sul Lavoro del 1993, momento in cui la contrattazione collettiva ha iniziato ad assumere un ruolo determinante , anche per le nuove necessità portate dalla progressiva europeizzazione del paese e un’economia sempre più globalizzata. Uno dei maggiori elementi di innovazione, si ricorda, fu il decentramento contrattuale attraverso l’introduzione della contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, come strumento per mantenere sotto controllo l’inflazione, mediante la ridistribuzione degli incrementi di competitività delle aziende. Tale variabilità non può non essere differenziata, a seconda dei momenti storici territoriali e in ragione delle condizioni aziendali: in base alla congiuntura gli incentivi possono avere lo scopo di incrementare le condizioni di competitività sul mercato ma anche solo quello di mantenere o non peggiorare il livello di competitività raggiunto. La misurazione dell’obiettivo in termini incrementali rispetto ad un determinato dato storico determinerebbe la sostanziale inutilità dell'attività negoziale.
Inoltre dal punto di vista puramente teorico la ricerca di un miglioramento costante, senza limiti, risulterebbe inaccettabile per lo stress continuo e incogruo posto sui lavoratori.
Secondo gli esperti della Fondazione studi inoltre la posizione dell’Agenzia delle Entrate non legge correttamente la norma che non affermerebbe la centralità del confronto con il dato storico precedente; la locuzione citata dall'Agenzia che richiede l'incremento "rispetto ad un periodo congruo definito dall'accordo" si dovrebbe leggere come riferita al periodo di osservazione dei risultati che deve essere definito nel contratto, e non alla obbligatorietà della comparazione.