L'assemblea dei lavoratori prevista dall'art. 20 della l. n. 300/1970 può essere indetta anche singolarmente da una associazione sindacale malgrado la sua presenza all'interno della RSU, costituita ai sensi dell'accordo interconfederale 20 dicembre 1993. Tale possibilità va però esercitata entro i limiti e le condizioni previste dell'autonomia collettiva. Questa la conclusione della Corte di Cassazione nell'Ordinanza n. 25103 emessa il 10 ottobre scorso.
Il caso riguardava una società che aveva rifiutato lo svolgimento di assemblee sindacali indette da FAI - CISL, FLAI - CGIL e UILA - UIL . I due gradi di giudizio di merito avevano rigettato l'opposizione della societa al decreto sindacale che aveva ordinato alla società di non ripetere il comportamento di rifiuto e di consentire lo svolgimento nei locali aziendali delle assemblee regolarmente indette ex art. 20 legge n. 300/1970.
La società ha presentato ricorso per cassazione, il quale è stato a sua volta rigettato , correggendo la motivazione della sentenza di appello e applicando i seguenti principi:
a) l'autonomia della contrattazione collettiva garantita dall'articolo 39 Cost. può prevedere prerogative diverse o ulteriori rispetto a quelle riconosciute a livello legislativo, con gli unici limiti dell'art. 17 legge n. 300 del 1970 e dell'esistenza di una effettiva rappresentatività: e tali limiti, nel caso in esame, non risultano violati atteso che la FLAI- CGIL era firmataria del contratto collettivo applicato nella unità produttiva
b) il diritto di assemblea con le modalità di cui all'art. 20 maggio 1970 n. 300 sarà esercitato ad istanza di FAI - CISL, FLAI - CGIL e UILA - UIL, congiuntamente stipulanti o della RSU o del Comitato Esecutivo della stessa;
c) il "diritto di assemblea" deve necessariamente essere riferito alle varie fasi in cui esso si articola e non può essere limitato unicamente ad un potere di impulso e di predisposizione della domanda che altri soggetti possono poi porre ad oggetto della convocazione. Del resto, tale ultima opzione oltre a contrastare con il chiaro dettato della legge, non sarebbe ragionevole perché nell'ordinamento non vi è alcun divieto a che soggetti terzi possano veicolare, attraverso i soggetti legittimati per legge ad indire l'assemblea, le proprie istanze.
La Suprema corte afferma che il diritto alle convocazioni di assemblee retribuite dei lavoratori, in forza del combinato disposto degli articoli 4 e 5 dell'accordo interconfederale 20 dicembre 1993 (istitutivo delle Rsu), rientra tra le prerogative non solo della Rsu nella sua componente collegiale, ma dei singoli componenti della medesima. Ciò a condizione che il componente della Rsu sia stato eletto nelle liste di una associazione sindacale dotata del requisito di rappresentatività alla luce dell'articolo 19 della legge 300/1970, secondo la lettura offertane dalla Corte costituzionale (sentenza 231/2013), per cui la sigla sindacale deve avere sottoscritto un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva o aver partecipato, quantomeno, alla sua negoziazione.
Anche nella sentenza 26011/2018 del 17 ottobre 2018 la Cassazione pur confermando la natura collegiale della Rsu, afferma che persistono per i suoi componenti limitate prerogative tra cui quella definita all'articolo 4, comma 5, dell' accordo interconfederale istitutivo delle Rsu,la quale attribuisce all'organizzazione aderente alle associazioni sindacali che hanno stipulato il contratto collettivo applicato il diritto di indire, singolarmente o congiuntamente, l'assemblea dei lavoratori durante l'orario di lavoro.