Con l’ordinanza 7016 dell’11 ottobre 2018, il tribunale di Bari fornisce la prima decisione in materia di indennità per licenziamento illegittimo dopo la sentenza della Corte costituzionale, annunciata il 26 settembre scorso, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’articolo 3 del decreto legislativo 23/2015 .
Il decreto attuativo del Jobs act stabilisce che l' indennità si calcola esclusivamente sulla anzianità del lavoratore e questo è stato giudicato dalla Consulta contrario ai principi costituzionali.
Il caso riguardava in particolare un lavoratore, licenziato al termine di una procedura di mobilità avviata con una comunicazione formalmente irregolare alle organizzazioni sindacali, che ha fatto ricorso e ha ottenuto dal Tribunale la dichiarazione di illegittimità del licenziamento. Nella definizione della tutela indennitaria prevista dall’articolo 3 del Dlgs 23/2015 il giudice ha ritenuto di orientare la propria decisione tenendo conto della «contrarietà ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza» enunciata dalla Consulta, della quale pero non è ancora stato pubblicato il testo completo.
Il lavoratore ha così ottenuto un indennità piu alta rispetto alle previsioni del Jobs Act, con il pagamento di dodici mensilità dell ultima retribuzione di riferimento , pur avendo una anzianità di soli 18 mesi. Il giudice ha valutato infatti, oltre all’anzianità di servizio, anche elementi quali «il numero di dipendenti, le dimensioni dell'azienda , e il comportamento e le condizioni delle parti».
Va evidenziato in realta che ad oggi l’articolo 3 del Dlgs 23/2015 è ancora pienamente applicabile nella sua formulazione originaria in quanto la sentenza della Corte costituzionale ha bisogno di essere tradotta in un provedimento legislativo che modifichi il D.lgs 23 2015.
Da notare che il tribunale ha anche applicato il principio “tempus regit actum” in relazione alla data di intimazione del licenziamento e non ha applicato le previsioni del Decreto Dignita , che è già in vigore, e che ha elevato il range minimo e massimo di mensibilità erogabili a 6-36 mensilità in luogo delle 4-24 precedenti . Un primo esempio quindi di quali ampi margini di discrezionalità vengono nuovamente garantiti ai giudici di merito, attraverso il principio recentemente enunciato dalla Corte costituzionale con il suo giudizio sulla norma del Dlgs 23 2015.