Se un contribuente italiano si trasferisce negli Stati Uniti per fare ricerca, come viene tassato il suo reddito? Un quesito sullo stesso tema è stato proposto anche all’agenzia delle Entrate per mezzo di un interpello; in quel caso la contribuente dichiarava di aver percepito nel 2017 redditi esteri per l’attività lavorativa di ricerca svolta in USA, dove risulta residente ed iscritta all’AIRE dall’8/11/2017. La contribuente ha già presentato la dichiarazione dei redditi in USA e chiede se sia tenuta a dichiarare tali redditi esteri anche in Italia.
In base a quanto stabilito dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Usa, il reddito percepito per attività di ricerca, per i primi due anni, è esente da tassazione nel Paese in cui viene prodotto (in questo caso USA). La convenzione recita infatti che: “Un professore od un insegnante che soggiorna temporaneamente in uno Stato contraente per un periodo non superiore a due anni allo scopo di insegnare o di effettuare ricerche presso una università, collegio, scuola od altro istituto d’istruzione riconosciuto, o presso una istituzione medica finanziata principalmente dal Governo e che è, o era immediatamente prima di tale soggiorno, residente dell’altro Stato contraente, è esente, per un periodo non superiore a due anni, da imposizione nel primo Stato contraente per le remunerazioni relative a tali attività di insegnamento o di ricerca”.
In ragione di quanto scritto nella Convenzione quindi la contribuente ha presentato la dichiarazione dei redditi in Usa senza pagare alcun tipo di imposte su tali redditi e chiede nell’interpello se sia esentata dal presentare la dichiarazione dei redditi in Italia per le somme percepite e dichiarate in Usa.
L’agenzia delle Entrate nella risposta n° 26 del 4/10/2018 esplica che, in base al tenore letterale della Convenzione, in presenza delle condizioni previste, si stabilisce l’esenzione dall’imposizione delle remunerazioni relative all’attività di insegnamento o di ricerca nel Paese contraente in cui la medesima è svolta (nella fattispecie in esame gli USA), impedisce di estendere tale beneficio anche agli adempimenti fiscali che il contribuente è tenuto ad effettuare nel proprio Paese di residenza fiscale (nella fattispecie in esame l’Italia), qualora sia diverso dallo Stato in cui è svolta l’attività in argomento.
Sostanzialmente quindi la contribuente è tenuta a pagare le imposte in Italia per i redditi percepiti negli Usa, per i primi due anni, per l’attività di ricerca svolta.
Occorre però fare un’ultima precisazione in quanto l’art. 20 della Convenzione in esame chiarisce che l’esenzione dalle imposte USA, e il conseguente assoggettamento in Italia, non si applica al reddito derivante da attività di ricerca qualora la ricerca sia effettuata non nel pubblico interesse, ma principalmente nell’interesse privato di una o più persone determinate.