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ATTIVITÀ FAUNISTICO-VENATORIA: POSSIBILE IL REGIME FORFETTARIO DEL REDDITO

3 minuti, Redazione , 11/10/2018

Attività faunistico-venatoria: possibile il regime forfettario del reddito

Attività faunistico-venatoria se è attività connessa ed esercitata sul fondo dall’imprenditore agricolo rientra nel regime agevolato per l'agricoltura

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All’imprenditore agricolo che fornisca servizi faunistico-venatori potrà applicarsi, in relazione ai redditi che ne derivano il regime forfettario dell'agricoltura esclusivamente nel caso in cui l'attività sia solo connessa all'attività agricola e per la fornitura di servizi vengano prevalentemente utilizzate attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività principale rispetto a quelle che sono impiegate solo per la fornitura di servizi. Qualora nel caso concreto non risulti integrato il requisito della “prevalenza” i redditi derivanti all’imprenditore agricolo dalla fornitura di servizi concorreranno a formare il reddito d’impresa in base ai criteri ordinari. 

E' questo il chiarimento fornito dall'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 73/E del 27 settembre 2018, che ha precisato inoltre che per valutare la sussistenza o meno del requisito della "prevalenza" di attività agricola o pastorale, può adottarsi un criterio basato sul confronto tra il fatturato realizzato con l’impiego di attrezzature o risorse aziendali; in tal modo, il requisito della “prevalenza” è rispettato quando il fatturato derivante dall’impiego da attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola principale è superiore al fatturato ottenuto attraverso l’utilizzo delle altre attrezzature o risorse. 

Attenzione: si evidenzia, infine, che, per effetto della limitazione di carattere soggettiva contenuta nell’articolo 56-bis del TUIR, al comma 4, risulterà inapplicabile il regime agevolato previsto dal comma 3 del medesimo articolo all’imprenditore agricolo avente forma giuridica diversa da persone fisica, società semplice e ente non commerciale.

La risoluzione muove da una richiesta di parere, su attività faunistico-venatoria consistente nell’effettuazione, con l’impiego di mezzi e attrezzature agricoli ed occupando lavoratori assunti con “contratti agricoli”, delle seguenti lavorazioni:

  • allevamento di selvaggina, alimentata con mangimi ottenuti dai terreni di cui dispone l’azienda; 
  • concessione dell’esercizio dell’attività venatoria a terzi, dietro pagamento di un corrispettivo; 
  • realizzazione di interventi agro-forestali volti a mantenere e ricostituire l’habitat.

Dal punto di vista del regime fiscale, l’articolo 56-bis del TUIR prevede dei regimi agevolatiper la determinazione del reddito d’impresa derivante dalle “altre attività agricole”comprende le attività consistenti nella prestazione di servizi di cui all’articolo 2135, terzo comma, del codice civile. Nel merito, l’articolo 2135 del c.c., dopo aver definito l’imprenditore agricolo come colui che “esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”, inserisce tra le attività connesse anche “le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Per la qualificazione come “attività connesse” delle attività di fornitura servizi, nella quale consiste nella sostanza l’esercizio dell’attività faunisticovenatoria, la norma in commento ha stabilito un criterio che prevede i seguenti requisiti:

  • requisito soggettivo: l’imprenditore che svolge tali attività deve essere lo stesso soggetto imprenditore agricolo che esercita la coltivazione del fondo o del bosco ovvero l’allevamento di animali;
  • requisito oggettivo: l’imprenditore per lo svolgimento di tali attività deve utilizzare “prevalentemente” attrezzature o risorse dell’azienda “normalmente” impiegate nell’attività agricola principale.

Pertanto, la fornitura di servizi da parte dell’imprenditore agricolo, per poter rientrare fra le attività connesse, non deve assumere per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale; in tal senso le attrezzature agricole, così come le altre risorse dell’azienda, non devono essere impiegate nell’attività connessa in misura prevalente rispetto all’utilizzo operato nell’attività agricola di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento. 

Allegato

Risoluzione 73E del 27 settembre 2018

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