Una nuova sentenza che tutela il diritto a fruire della legge 104 /92 a garanzia dell'assistenza ai familiari disabili viene dal Tribunale di Bari ( sentenza 26 giugno 2018). Vi si afferma che incombe sul datore di lavoro l’onere di provare le concrete ragioni che rendono impossibile l’assegnazione del lavoratore, che assiste con continuità un familiare disabile convivente, ad una sede più vicina. Diversamente opinando si finirebbe per gravare il lavoratore di una sorta di prova diabolica che, di fatto, svuoterebbe di contenuto la tutela che la l. n. 104/1992 ha introdotto.
Nello specifico il caso riguardava un lavoratore, convivente con i propri genitori, portatori di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. n. 104 del 1992, che ha presentato ricorso, chiedendo di essere assegnato ad una filiale più vicina al proprio domicilio al fine di meglio prestare assistenza ai propri genitori rendendosi disponibile al mutamento di mansione .
Il giudice del Tribunale di Bari ha ordinato alla società l'assegnazione urgente dell'istante presso uno degli uffici postali di un altro comune più vicino al proprio luogo di residenza, eventualmente, anche previo mutamento delle mansioni di portalettere a quelle di operatore di sportello e/o specialista commerciale. Tale pronuncia si basa sulla corretta applicazione dell’art. 33, comma 5, della l. 104/1992 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate),che nel testo originario, disponeva che "Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso in altra sede". Detta norma è stata modificata dall'art. 19 della l. 53/2000, e dall'art. 24 della l. 183/2010, nonché dall'art. 6, comma 1, lett. a) del d.lgs. 18 luglio 2011,.
Pertanto, nell'attuale formulazione, r l'art. 33 della l. n. 104 del 1992 così recita: -al comma 3:
"A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.
In particolare al comma 5 si specifica che : "Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.