Una lavoratrice licenziata entro il primo anno di vita del bambino per chiusura del reparto in cui lavorava vedeva respinto il suo ricorso in primo grado. Successivamente però la Corte d'appello dichiarava la nullità del licenziamento a norma dell' art. 54, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 151/2001, anche se respingeva la richiesta di danni per lesione della professionalità della lavoratrice
La sentenza di secondo grado affermava infatti che la possibilità di licenziamento della lavoratrice madre è previsto solo in alcuni casi, tra cui la cessazione totale dell'attività aziendale, ma non anche, come nel caso di specie, per la chiusura del reparto al quale la lavoratrice è addetta.
La società ha presentato ricorso in Cassazione ma gli ermellini nella pronuncia n. 14515 del 6 giugno 2018, hanno confermato la decisione di secondo grado sulla base del principio secondo cui “la deroga al divieto di licenziamento dall'inizio della gestazione fino al compimento dell'età di un anno del bambino, opera solo in caso di cessazione dell'intera attività aziendale" La Cassazione precisa che tale norma è di stretta interpretazione, in quanto riguarda le specifiche deroghe a un divieto , quindi "non può essere applicata in via estensiva o analogica alle ipotesi di cessazione di ramo d'azienda”.
In realtà l' interpretazione estensiva di tale deroga è stata adottata dalla giurisprudenza di legittimità in ripetute pronunce molto datate , che spesso hanno richiesto dal datore di lavoro la prova dell'impossibilità di ogni altra utile collocazione della lavoratrice nell'ambito dell'azienda .
Va ricordato che il divieto di licenziamento delle madri dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino non si applica nei casi di:
a) colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa (e non per giustificato motivo previsto dal CCNL);
b) cessazione dell'attività dell'azienda ;
c) risoluzione del rapporto di lavoro con contratto a termine;
d) esito negativo della prova.
Si ricorda che il licenziamento intimato in violazione delle norme a tutela della maternità è nullo, con la conseguenza che il rapporto va considerato come mai interrotto e che la lavoratrice ha diritto alla riammissione in servizio e alle retribuzioni medio tempore maturate.
L'attuale sentenza della Cassazione ha tra l'altro escluso la rimessione alle Sezioni Unite in quanto le sentenze di legittimità in senso opposto sono molto risalenti (l'ultima: Cassazione civile, sez. lav., n. 7752 del 1986).