Si è tenuto ieri il videoforum organizzato dall’ Esperto Risponde grazie al quale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcune delle perplessità esistenti e cercato, allo stesso tempo, di andare incontro alle esigenze di imprese e professionisti.
Il videoforum è stato trasmesso gratuitamente nella giornata di ieri, in diretta, alle ore 12 ma già sul quotidiano del Sole 24 Ore sono stati forniti, sin dal mattino, due primi chiarimenti.
Il primo chiarimento riguarda la conservazione della fattura elettronica in merito alla quale l’ Agenzia ha espressamente chiarito di voler far prevalere il principio della sostanza sulla forma; applicare tale principio alla conservazione delle fatture elettroniche significa, in parole povere, dare maggior importanza al contenuto delle fatture rispetto alla loro forma e quindi permettere che venga conservato il documento in formato pdf. L’Agenzia afferma che l’operatore potrà decidere di portare in conservazione anche la copia in pdf, formato considerato idoneo dal Dpcm 3 dicembre 2013. Diventa quindi una facoltà, e non più un vincolo per il contribuente, la conservazione del file xml in modalità informatica, c.d. conservazione sostitutiva, a meno che non sia previsto uno specifico obbligo.
La conservazione sostitutiva è quell’insieme di procedure informatiche, regolamentate dalla legge, che consentono di garantire nel tempo l'integrità e la validità dei documenti emessi, archiviati e conservati in modo digitale. La conservazione del documento in formato pdf sarà tuttavia sufficiente per adempiere agli obblighi civilistici e fiscali rispettivamente disciplinati dal Dpcm 3 dicembre 2013 e dal dal Dm 17 giugno 2014.
Ovviamente il presupposto è che il file pdf contenga tutti i riferimenti presenti nel file xml trasmesso al Sistema di Interscambio (SdI). Deve esserci corrispondenza tra i due files e per poterla dimostrare sarà necessario conservare gli esiti o le ricevute che vengono inviate dal SdI nel momento in cui il file viene preso in carico, nel momento della consegna dello stesso al destinatario, terminando poi con la sua accettazione. In queste fasi infatti il SdI attribuisce al file un codice alfanumerico che rende il documento univoco.
Il secondo chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate riguarda la determinazione del credito d’imposta risultante dall’eccedenza Ace. Il Dm del 3 agosto 2017 ha reso possibile, per le ditte individuali e le società di persone, la conversione dell’eccedenza Ace in credito d’imposta da attribuire ai soci oppure alla società stessa. Prima del chiarimento ci si poneva il dubbio in merito all’aliquota con cui determinare il credito di imposta; il problema si evidenziava soprattutto nel caso di società in cui i soci potessero essere assoggettati a differenti aliquote IRPEF. Nell’ambito delle società di capitali che aderiscono al regime di trasparenza fiscale, la circolare n° 21E del 2015, aveva già chiarito che le eccedenze Ace, determinate in capo alla società partecipata, devono essere attribuite a ciascun socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Il socio in questione potrà portare in deduzione, del proprio reddito d’impresa conseguito, l’eccedenza Ace e qualora questa sia maggiore del reddito in esame potrà riportarla in deduzione nei successivi periodi d’imposta oppure trasformarla in credito d’imposta da utilizzare ai fini IRAP. In quest’ ultimo caso, sulla base dei chiarimenti forniti dall’ Agenzia delle Entrate, il credito d’imposta dovrà essere determinato secondo gli scaglioni di reddito e le rispettive aliquote previste dall’art. 11 del TUIR come riassunto nella successiva tabella.
Scaglione di reddito | Aliquota |
Fino a 15.000 € | 23% |
Oltre 15.000 e fino a 28.000 € | 27% |
Oltre 28.000 € e fino a 55.000 € | 38% |
Oltre 55.000 € e fino a 75.000 € | 41% |
Oltre 75.000 € | 43% |
L’Agenzia delle Entrate fornisce il seguente esempio in merito:
supponendo un’eccedenza Ace di 20.000 €, questa darà vita ad un credito d’imposta Irap pari a 4.800 € determinato applicando il 23% su 15.000 euro (3.450 euro) ed il 27% sul residuo 5.000 (1.350 euro), a prescindere dai scaglioni di reddito dei singoli soci della società.