E’ illegittimo il licenziamento di un lavoratore che ha registrato colloqui con i colleghi a loro insaputa , in quanto il comportamento era correlato ad un clima conflittuale presente in azienda e verso i superiori. La tutela prevista per l'insussistenza del fatto è la reintegra . Questo quanto afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11 322 del 10 maggio 2018
Il caso riguardava un lavoratore che era stato licenziato dall'azienda per giusta causa; in particolare l'azienda contestava che il dipendente, durante un colloquio disciplinare per una precedente contestazione, aveva consegnato una chiavetta USB contenente registrazioni di conversazioni effettuate in orario di lavoro e sul posto di lavoro coinvolgenti altri dipendenti, in violazione della legge sulla privacy e con la recidiva rispetto ad altre precedenti contestazioni.
Il lavoratore nel ricorrere al tribunale del lavoro accusava invece la società di licenziamento a carattere ritorsivo per le problematiche già esistenti che le registrazioni erano intese proprio a documentare . La Corte di appello aveva ritenuto il licenziamento illegittimo per sproporzione della sanzione disciplinare con conseguente l'applicazione dell'art. 18, co. 5, della legge n. 300/1970 come novellato dalla legge n. 92/2012 (tutela indennitaria) . Il lavoratore aveva fatto ricorso in cassazione per vedere affermata invece l'insussistenza del fatto disciplinare contestato e il carattere ritorsivo del licenziamento.
La Cassazione ha accolto le motivazioni del dipendente e non quelle dell'azienda , specificando che in tema di privacy il lavoratore aveva adottato tutte le cautele al fine di evitare la diffusione dei dati raccolti e non aveva in alcun modo utilizzato o reso pubblico il contenuto di quelle registrazioni per scopi diversi dalla tutela di un proprio diritto; sulla base della normativa a tutela della privacy (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), infatti, l'utilizzo di dati personali tra cui sono compresi la voce e l'immagine di terzi , è ammesso in presenza del consenso dell'interessato, ma può essere eseguito anche in assenza del consenso, se volto a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria e ciò a condizione che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.
Così, il fatto deve intendersi insussistente in senso giuridico e in tale ipotesi si applica la tutela reintegratoria, "senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità".