Il lavoratore assente per malattia e ulteriormente impossibilitato a riprendere servizio, può interromperre il periodo di comporto ed evitare il licenziamento fruendo delle ferie residue, ma solo facendone preventiva richiesta al datore di lavoro . La Corte di Cassazione ha ribadito il suo orientamento nella sentenza del 4 aprile scorso n. 8973 2018 .
Il caso riguardava un lavoratore licenziato dall'azienda per superamento del periodo di comporto, ovvero il periodo massimo di assenza per malattia . Il lavoratore non aveva ottenuto l'anullamento della sentenza né nel primo, né nel secondo grado di giudizio, in quanto aveva fatto richiesta delle ferie residue dopo la scadenza del periodo di comporto, la cui durata è normalmente specificata nel contratto nazionale . Giunto in cassazione il ricorso affermava che la corte di merito avrebbe dovuto riconoscere l'automaticita del diritto alle ferie sancito dalla normativa e non soggetto a richiesta .
La Cassazione però ha respinto il ricorso affermando che il lavoratore non gode di una incondizionata facoltà di sostituire alla malattia il godimento di ferie maturate, quale motivo della sua assenza, allo scopo di bloccare il decorso del periodo di comporto. Le ferie infatti sono soggette alla direttiva dell'armonizzazione delle esigenze aziendali e degli interessi del datore di lavoro (art. 2109 cod. civ.). Necessario dunque fare richiesta in tempo utile ad evitare la scadenza dei termini, come nel caso di specie.
La sentenza afferma tra l'altro che in un caso come questo il datore di lavoro sarebbe stato tenuto, in presenza di una richiesta del lavoratore di imputare a ferie un'assenza per malattia, a prendere in debita considerazione il fondamentale interesse del richiedente ad evitare la perdita del posto di lavoro a seguito della scadenza del periodo di comporto ed ha sempre l'onere, in caso di mancato accoglimento della richiesta, di dimostrarne i motivi.
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