Con sentenza n. 77 del 19 aprile 2018 la Corte Costituzionale, intervenendo sull’art. 92, comma 2 , cpc, come modificato dal d.l. n. 132 del 2014, convertito nella legge n. 162/2014, ha affermato che il giudice civile, nel caso di soccombenza di una parte, può compensare le spese di giudizio, in parte o per intero, non soltanto nei casi già previsti di :
- novità della questione trattata o
- di mutamento di indirizzo giurisprudenziale rispetto a questioni dirimenti,
ma anche quando sussistono “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni“.
La Consulta ha ritenuto dunque che la tassatività del dettato normativo, introdotto nel corso del 2014, lede i principi di ragionevolezza ed uguaglianza.
In attuazione di tali principi, ad esempio, esaminando la remissione di un giudice di Reggio Emilia, la Corte ha affermato che, pur non ritenendo che la qualifica di “lavoratore” possa ritenere di per sè giustificata la rifusione delle spese, il giudice possa valutare anche le ipotesi in cui il lavoratore debba agire in giudizio senza poter conoscere elementi decisivi e rilevanti che sono nella sfera di disponibilità del datore di lavoro (ad esempio, nel c.d. contenzioso a contro prova).