I lavoratori stagionali agricoli vanno conteggiati sulla base delle giornate di lavoro prestate anche non continuative, e il limite di sei mesi corrisponde a un massimo di 180 giornate in un anno. Nella Nota n. 43 del 6.3.2018 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce questo importante chiarimento sui criteri di computo dei lavoratori stagionali per la definizione dell'organico aziendale ai fini del collocamento obbligatorio di persone disabili.
La nota afferma infatti che per definire il requisito della durata complessiva di 6 mesi riguardo le attività stagionali nel settore agricolo, non va preso come riferimento il periodo complessivo del rapporto ma vanno conteggiate le singole giornate di lavoro effettivamente prestate nell’arco dell’anno solare, anche non continuative (come previsto dal DPR 333/2000 e circ. Min. Lav. n. 4/2000).
L' Ispettorato informa della nota che , in assenza di una quantificazione numerica nella normativa citata, e "nelle more di eventuali pronunciamenti interpretativi ministeriali o di pronunciamenti giurisprudenziali" , per dare un criterio uniforme di giudizio agli organi ispettivi, il limite semestrale per gli operai agricoli viene fissato ad un massimo di 180 giornate di lavoro annue.
L'ispettorato afferma che " Tale orientamento trova giustificazione, sia in disposizioni di carattere normativo che regolamentare, dalle quali si evince che il criterio di distinzione fra il rapporto a termine e il rapporto a tempo indeterminato in agricoltura è rappresentato proprio dal superamento o meno di tale limite quantitativo. A tal proposito va ricordato l’articolo 23 del CCNL degli operai agricoli e florovivaisti, che individua in 180 giornate di lavoro l’anno il discrimen fra rapporti a termine e a tempo indeterminato, ma anche l’articolo 8 della legge n. 457/72, che in materia cassa integrazione salari considera lavoratori a tempo indeterminati “quelli che svolgono annualmente oltre 180 giornate lavorative presso la stessa azienda”.