L'equo compenso di fatto reintroduce le tariffe minime professionali per cui viola i principi della libera concorrenza : questo in sintesi il comunicato emanato ieri dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato .
L’Autorità ha annunciato l'invio di una segnalazione ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri, spiegando la netta contrarietà ai principi concorrenziali di quanto previsto dall'emendamento del ddl di conversione del decreto Collegato fiscale, in tema di “equo compenso” per i professionisti , già approvato dal Senato. L'emendamento introduce il principio generale per cui le clausole contrattuali tra i professionisti e alcune categorie di clienti, che fissino un compenso a livello inferiore rispetto ai parametri individuati da decreti ministeriali, sono da considerarsi vessatorie e quindi nulle.
La disposizione, afferma il comunicato " nella misura in cui collega l’equità del compenso a paramenti tariffari contenuti nei decreti anzidetti, reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l’effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. “forti” e ricomprende anche la Pubblica Amministrazione.
L’Autorità ha sottolineato come, secondo i consolidati principi antitrust nazionali e comunitari, le tariffe professionali fisse e minime costituiscano una grave restrizione della concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione.
L'autorità conclude che, se approvata in questi termini la misura " determinerebbe un’ingiustificata inversione di tendenza rispetto all’importante e impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni in atto da oltre un decennio"
Per contrastare lo squilibrio contrattuale tra professionisti e grandi clienti il documento suggerisce un migliore utilizzo delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi o dalle misure recentemente introdotte dal Jobs Act
Il comunicato dell'AGCM si occupa anche delle disposizioni introdotte nell’art. 19 del d.l. 148/2017, in materia di gestione collettiva dei diritti d’autore, affermano che non sono sufficienti a garantire la liberalizzazione del settore, in quanto la SIAE, sino ad oggi monopolista legale nell’attività di raccolta dei diritti d’autore nel nostro Paese.
L' Antitrust auspica invece l’ingresso sul mercato italiano di operatori diversi dagli organismi di gestione collettiva. L’intervento di liberalizzazione dovrebbe essere integrato ampliando il più possibile la varietà di scelta, per gli autori, di operatori ai quali affidare la gestione dei diritti, includendo anche enti di gestione indipendenti. L’intervento in questione rischia di rivelarsi del tutto inefficace mantenendo, di fatto, la situazione di monopolio ad oggi esistente sul mercato e lasciando insoddisfatta una domanda attuale e potenziale di servizi innovativi.