È comunemente riconosciuto, anche perché espressamente previsto nel codice civile italiano, che il riparto delle spese che il condominio è tenuto a sostenere per le parti comuni dello stesso, debba avvenire in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomine; salvo che si tratti di parti destinate a forme di utilizzo diverso, in tal caso le spese saranno ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.
Quali sono le parti comuni all'interno di un condominio?
L'indicazione di quelle che comunemente sono chiamate "parti comuni", sono indicate dal Codice Civile all'art. 1117. La norma stabilisce che sono soggette alla proprietà comune:
- tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (es. il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri, i tetti, le scale, i portoni di ingresso, etc.);
- le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune (es. la portineria, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati ad uso comune);
- le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune (es. ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati, etc.).
Ma cosa accade ove uno o più condomini non partecipano alle spese comuni del condominio?
Ove una tale eventualità si verifichi, l’ordinamento assegna all’amministratore il compito di gestire il caso. All’amministratore saranno infatti riconosciuti una serie di poteri e di obblighi. A tal proposito, lo stesso:
- (salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea) è tenuto ad agire per la riscossione di quanto dovuto dai condomini morosi, entro 6 mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. Il comportamento omissivo dell’amministratore di condominio, lo rende responsabile agli occhi dell’assemblea che potrà, revocargli il mandato e procedere giudizialmente nei suoi confronti;
- (per la riscossione dei contributi) anche senza bisogno di autorizzazioni da parte dell’assemblea, può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo; se la situazione di morosità si protrae per un semestre, l’amministratore ha anche la facoltà di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato;
- in attuazione della legittimazione processuale attiva autonoma riconosciutagli dall'ordinamento, potrà nominare lui stesso l’avvocato che, in sede di giudizio prenderà le parti del condominio contro i condòmini morosi;
- potrà procedere giudizialmente al fine di conseguire un titolo esecutivo utile per il pignoramento del conto corrente, parte dello stipendio, etc. del condòmino moroso;
- sarà tenuto a comunicare agli altri condomini, ove questi lo interpellino, i dati dei condomini morosi, senza però violare la privacy dei morosi, affiggendo in bacheca i nominativi dei morosi con gli importi dovuti.
E se uno dei condomini si trasferisce, il suo debito che fine fa?
Ove i verifichi un tale eventualità è opportuno, richiamando il comma 5 dell'art. 63 disp. att., evidenziare che "chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati (quindi anche quelli insoluti) fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto". Pertanto, dal momento in cui la vendita si perfeziona e sino a che non sia trasmessa all'amministratore copia dell'atto di vendita, l'alienante (ovvero l'ex condòmino) e l'acquirente (ovvero colui che sarà il nuovo condòmino), sono legati da una responsabilità di tipo solidale per il pagamento dei contributi condominiali.