"La dichiarazione di fallimento non comporta il venire meno dell'impresa, ma solo la perdita della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare, nella cui posizione subentra il curatore fallimentare” - Cass. n.2803 del 2010 - è questo il principio su cui la CTR Provinciale per la Sicilia ha fondato la sua decisione, rigettando l’appello promosso dall’Agenzia delle Entrate.
La disputa giudiziaria, nasce a seguito dell’emanazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di una serie di avvisi di accertamento, risalenti al 2011, notificati alla Società in liquidazione e resisi definitivi per mancata opposizione. A seguito dei suddetti avvisi, nel 2012, Equitalia procedeva a formare la cartella di pagamento, anchessa notificata alla società in liquidazione.
Il curatore fallimentare della società, in primo grado, lamentando tra i vari vizi anche quelli legati alla notifica, chiedeva l’annullamento della suddetta cartella. In suo favore, nel luglio del 2015, si pronunciava il giudice di prime cure.
La CTR Provinciale siciliana con sentenza del 27/09/2017 n. 3719, chiamata a pronunciarsi sull'appello mosso dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n.263/07/2015 del giudice di prime cure, rigettava la pretesa dell’Agenzia, confermando l’orientamento del primo giudice poiché :
- gli atti del procedimento tributaria precedenti alla dichiarazione di fallimento del contribuente, anche se a quest’ultimo intestati, sono opponibili alla curatela;
- la dichiarazione di fallimento comporta che la legittimazione sostanziale e processuale circa l’impresa ad oggetto, si sposti dal titolare della stessa al curatore fallimentare;
- la cartella, formatasi dopo la dichiarazione di fallimento doveva essere destinata all'impresa sottoposta a procedura concorsuale e riportare, quale legale rappresentante della stessa, il curatore che in questa fase subentra ad ogni effetto al soggetto fallito.