Con la Risoluzione 131 del 23.10.2017 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla circostanza attenuante nelle dichiarazioni infedeli. Come chiarito nel documento di prassi, l’articolo 1, comma 4, del D. Lgs 471/97 introduce, nell’ambito della disciplina dell’infedele dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, due “circostanze attenuanti” che si applicano solo qualora il contribuente non abbia posto in essere condotte fraudolente.
In particolare, è disposta la riduzione di un terzo della sanzione base (dal 90 al 180%) se, alternativamente:
- la maggiore imposta o il minore credito accertati siano complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000;
- l’infedeltà sia conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Per beneficiare di tale riduzione - specifica ai fini delle imposte sui redditi - è necessario che il componente positivo sia stato già erroneamente imputato e, quindi, abbia concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Con riferimento al componente negativo, invece, è necessario che lo stesso non sia stato dedotto più volte.
Come emerge dal tenore della relazione illustrativa, le riduzioni in esame possono essere applicate solo in sede di accertamento, con la conseguenza che il contribuente non può tenerne autonomamente conto per determinare la sanzione in caso di ravvedimento operoso. E ciò perché presupposto per la piena operatività della riduzione sanzionatoria è la presenza di un’attività di controllo da parte degli organi accertatori, volta a verificare che l’infedeltà commessa dal contribuente sia caratterizzata dall’elemento soggettivo della colpevolezza, dall’assenza di frode e costruita attraverso una condotta non insidiosa per l’Amministrazione finanziaria.
In altre parole, solo l’Ufficio può effettuare un’analisi ponderata di tutte le irregolarità riscontrate al fine di verificare l’esiguità dell’evasione e la scarsa insidiosità della condotta posta in essere. La medesima cautela, tuttavia, non sussiste nel caso in questione in quanto l’errore, già rilevato in un’annualità dall’Ufficio, è stato reiterato anche nei periodi d’imposta successivi. In tal caso, infatti, il contribuente non sarebbe neppure chiamato ad inquadrare la violazione commessa nella tipologia “errata imputazione temporale” dal momento che la stessa è già stata in tal senso qualificata dall’organo accertatore.