Come noto il licenziamento per ragioni economiche è legittimo, e tra le motivazioni rientra la migliore efficienza gestionale o produttiva o anche l' aumento della redditività di impresa, oltre che condizioni di particolare difficoltà economica. La Cassazione ha specifica però che tale motivo si applica solo una volta che ne sia stato verificato il nesso causale con la soppressione del posto di lavoro del dipendente licenziato. In assenza di tale dimostrazione il lavoratore va reintegrato. la Cassazione lo ha ribadito in una recente sentenza, la n. 19655 del 9 agosto 2017.
Un lavoratore, dipendente di un’azienda operante nel settore automobilistico era stato licenziato per la soppressione del reparto in cui lavorava (Ricerche e Sviluppo per il collaudo, la sperimentazione e l’analisi tecnica delle vetture) per la cessazione del rapporto con un fornitore cinese. Il tribunale cui aveva fatto ricorso ritenne legittimo il licenziamento .
La Corte d'Appello di Campobasso invece aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento per riduzione di personale e condannava l'azienda alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dal licenziamento e dei relativi oneri previdenziali.
L’azienda ha presentato ricorso in Cassazione, motivando con l'omessa considerazione di incontestati elementi fattuali provati in giudizio, quali la soppressione del reparto e anche perché era stata negata la possibilità di ulteriori specificazioni delle più ampie ragioni esposte nella lettera di licenziamento;
I giudici della Cassazione hanno però considerato il ricorso inammissibile, in quanto non sono state evidenziate le prove effettive di collegamento tra la soppressione del reparto e la necessità di licenziare il dipendente.