La Corte di cassazione con sentenza n. 20406 del 25 agosto 2017 ha riaffermato le disposizioni del Codice Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81 2008) che prevede l'applicazione, nei confronti dei componenti dell’impresa familiare , delle disposizioni di sicurezza per l’utilizzo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale.
In particolare , nel caso di specie vengono riconosciuti alla titolare di una impresa familiare il cui coniuge era deceduto per infortunio professionale, sia il diritto alla costituzione della rendita come superstite sia la rivalsa per i premi non versati (come datrice di lavoro)
La Cassazione ricorda infatti che la titolarità dei poteri di organizzazione e gestione anche in materia di sicurezza sul lavoro rimangono in capo all’imprenditore, e che i partecipanti all’impresa familiare rientrano comunque fra i soggetti assicurabili Inail .
Sul tema la Corte costituzionale, con sentenza 476/87, aveva dichiarato l’illegittimità della parte del decreto 1124 del 1965 che non prevedeva la loro inclusione. In caso di infortunio l’Inail può, dunque esercitare l’azione di rivalsa,verso il datore di lavoro, anche se con il collaboratore familiare non c’è rapporto di subordinazione.
In materia vi sono comunque orientamenti normativi contrastanti infatti il Ministero del lavoro con la circolare 154/96 aveva affermato che ai collaboratori familiari non si applica il Dlgs 626/94 in quanto non possono essere inquadrati come lavoratori con rapporto di lavoro subordinato e nemmeno vengono richiamati fra gli equiparati . Inoltre la stessa Corte costituzionale, con sentenza 212 del 1993 dichiarò che la normativa antinfortunistica e di igiene non può trovare applicazione nell’impresa familiare, giudicando «problematico l’incastro di obblighi e doveri sanzionati attraverso ipotesi di reato procedibili d’ufficio» in rapporti permeati di vincoli affettivi come quelli familiari.