Il D.L. 50/2017 convertito con modifiche dalla L. 96 del 21 giugno pubblicata in GU il 23 giugno, in vigore dallo stesso giorno, ha previsto l'obbligo di applicare la tassa di soggiorno sui contratti di affitto breve, sia nel caso in cui si tratti di contratto con incasso diretto delle somme da parte del proprietario sia in caso di passaggio tramite intermediari.
Secondo il testo della norma, infatti, il soggetto che incassa il canone ovvero che interviene nel pagamento in questione è responsabile anche del versamento dell'imposta di soggiorno nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.
L'imposta, istituita con deliberazione del consiglio comunale, è applicabile – secondo criteri di gradualità – in proporzione al prezzo, sino all'ammontare di 5 euro per notte di soggiorno.
Grazie al decreto tutti i comuni hanno ora la facoltà di istituire o rimodulare l’imposta di soggiorno, in deroga alle norme della legge di stabilità 2016 che avevano sospeso, per gli anni 2016 e 2017, l'efficacia delle deliberazioni comunali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi.
In precedenza, ossia fino al 22 giugno, l'imposta, invece, era applicabile solo nel caso di attività svolta in maniera professionale, quindi, nel caso degli affitti brevi, da parte dei B&B e delle locazioni stipulate dai gestori di case vacanze, ossia strutture organizzate e per le quali è necessaria la relativa licenza. Ora, invece, anche chi intende affittare il proprio appartamento per uso turistico dovrà verificare con il comune l'eventuale imposta di soggiorno applicabile.