Il presidente dell'Istat Giorgio Alleva ha esposto ieri in Commissione affari costituzionali della Camera gli studi sull'andamento demografico per la popolazione italiana nei prossimi anni. Sulla base della normativa della Legge Fornero sulle pensioni , questi dati sono la base per il calcolo dell'adeguamento dell'età pensionabiile alle aspettative di vita previsto con cadenza triennale. I dati Istat sono necessari anche per determinare i coefficienti di trasformazione del montante contributivo. Il prossimo decreto in materia è atteso per settembre.
La relazione dell'Istat afferma che sulla base degli scenari demografici attuali , l'aspettativa di vita continua a salire e i requisiti per la pensione di vecchiaia nel 2019, dovrebbero passare dagli attuali 66 anni e 7 mesi, a 67 anni, con aumento di ben 5 mesi . Dal 2021 l'età pensonabile salirebbe di altri tre mesi, mentre con i successivi adeguamenti, dal 2023, si salirebbe di due mesi ogni due anni, arrivando a 68 e 1 mese nel 2031.
Alla Camera sono attualmente all’esame due disegni di legge di modifica ed è in corso una discussione tra Governo e sindacati che chiedono il blocco dell' adeguamento automatico , sul quale il presidente dell’Inps, Tito Boeri, si è recentemento detto contrario in quanto il meccanismo è necessario per mantenere la spesa pensionistica sotto controllo e salvaguardare le giovani generazioni.
I dati demografici evidenziano nei prossimi trent’anni un aumento dell’incidenza della popolazione anziana, che arriverebbe al 34% nel 2051, anno in cui la popolazione in età da lavoro si collocherebbe attorno al 54 per cento. A causa della denatalità la popolazione scenderebbe dai 60,7 milioni del 2016 a 58,6 tra il 2025 e il 2045, e scenderebbe di altri 4,9 milioni tra il 2045 e il 2065. Un contributo dei flussi migratori, sarà sen'altro determinante, come affermato anche da Boeri, ma è difficile da stimare.
Alleva ha anche affermato che il sistema previdenziale italiano grazie alle dure riforme degli ultimi vent’anni: «È tra quelli finanziariamente più sostenibili in Europa» ma è vero che per le prossime generazioni pesa la crisi degli ultimi anni : tra il 2012 e il 2016, le entrate contributive sono scese: dal 48,2 al 46,5%.
Inoltre preoccupa , dal punto di vista anche previdenziale, il lavoro precario dei giovani «L’occupazione atipica al primo lavoro è diffusa anche per titoli di studio secondari superiori o universitari e cresce all’aumentare del titolo di studio, essendo pari al 21,2% per chi ha concluso la scuola dell’obbligo e al 35,4% per chi ha conseguito un titolo di studio universitario» ha affermato Giorgio Alleva.