Con la Risoluzione 75/e di ieri,l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul trattamento tributario ai fini dell’IVA e delle imposte dirette del contratto di rete agricolo. Com'è noto, con il DL 5/2009 è stato introdotto nel nostro ordinamento il contratto di rete, che è stato più volte modificaro per potenziarne l’attrattività e favorirne la diffusione. Una delle modifiche è contenuta nell'articolo 1-bis, comma 3, del DL 91/2017 in base al quale per le PMI imprese agricole, i contratti di rete formati da imprese agricole singole ed associate, la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete.
Nel rispondere l'Agenzia ha ricordato che con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso.”.
Il contratto di rete “agricolo” riguarda:
- imprese agricole singole o associate, ,
- PMI che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non superi i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo non superi i 43 milioni di euro.
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lo scopo comune dichiarato nel contratto di rete deve essere la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese partecipanti, in innovazione e competitività. Pertanto, dovranno essere definiti nel contratto di rete:
- gli obiettivi di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi;
- gli obiettivi specifici che costituiscono il presupposto dell’individuazione delle attività necessarie per il conseguimento degli obiettivi generali;
- un programma di rete che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune;
- le modalità di ripartizione del prodotto agricolo comune.
Dalla lettura della norma e sulla base dei chiarimenti offerti dalMIPAAF (Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali) la caratteristica del contratto di rete agricolo è l’acquisto a titolo originario della produzione agricola da parte delle imprese partecipanti alla rete, schema contrattuale che prevede la divisione in natura della produzione a titolo originario.
Sul punto, l’Agenzia precisa che l’acquisto a titolo originario della produzione agricola (elemento che, come si dirà tra breve, assume una rilevanza fiscale decisiva) è subordinato al ricorrere delle seguenti condizioni:
- tutte le singole imprese devono svolgere attività agricole di base e le eventuali attività connesse non solo non devono essere prevalenti, ma devono essere legate alle prime da un rapporto di stretta complementarietà obbligatoria messa in comune dei terreni
- l’apporto alla rete di ogni singola impresa deve essere equivalente (condivisione dei mezzi umani e tecnici, proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze)
- la divisione della produzione tra le imprese deve avvenire in maniera proporzionata al valore del contributo che ciascuna partecipante ha apportato alla realizzazione del prodotto comune
- i prodotti oggetto di divisione non devono essere successivamente oggetto di cessione tra le imprese partecipanti alla rete, dal momento che tale tipologia di rete è finalizzata alla sola produzione.
Per quanto riguarda l'Iva, solo in presenza delle condizioni di cui sopra, la ripartizione della produzione agricola tra le imprese partecipanti alla rete, in quanto divisione in natura dei prodotti a titolo originario non produce effetti traslativi tra le imprese stesse e, di conseguenza, non assume rilevanza ai fini Iva.
Se oltre al contratto di rete agricolo, le imprese dovessero decidere di istituire anche una rete finalizzata alla successiva cessione a terzi dei prodotti conferendo a una capofila il mandato a vendere, per tali cessioni troverebbero applicazione le regole ordinarie di determinazione dell’Iva. La capofila, invece, al ricorrere delle condizioni richieste, potrà applicare il regime speciale (e le relative percentuali di compensazione) solo per le cessioni dei propri prodotti.
Dal punto di vista delle imposte dirette, invece, l’Agenzia sostiene che il contratto di rete agricolo realizza una fattispecie assimilabile alla conduzione associata e pertanto per determinare il reddito agrario da imputare a ciascuna impresa per la quota di propria spettanza, è necessario individuare un criterio di calcolo che tenga conto del reddito agrario di ogni terreno utilizzato per l’attività comune. A tal proposito, l’Agenzia ritiene che un criterio ragionevole sia quello che prevede la sommatoria dei redditi agrari dei singoli terreni messi in comune e la sua successiva ripartizione tra le imprese della rete, in base alle rispettive quote previste dal contratto.