Per contestare le fatture false all'Agenzia delle Entrate non serve una prova certa, poiché la detrazione d’imposta può essere negata anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti. A chiarire questo principio è stata la Corte Suprema di Cassazione, con l’ordinanza 12649 del 19 maggio 2017.
Il contenzioso con l'Agenzia inizia con un avviso di accertamento emesso nei confronti di una spa, con lo scopo di recuperare a tassazione i costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti, negandone la detrazione ai fini Iva. Si trattava dei costi relativi a un contratto con una società austriaca che non svolgeva alcuna attività ed era interamente posseduta da altra società residente nelle Isole Vergini Britanniche, paese incluso nella lista dei “paradisi fiscali”. Per il prezzo di acquisto della sostanza, di molto superiore al prezzo di mercato in libera contrattazione poi, l’ufficio aveva ritenuto che il maggior costo a favore della società austriaca fosse imputabile a corrispettivo occulto della transazione principale relativa all’acquisto del marchio e del know how e, quindi, trattandosi di costo afferente a un’operazione soggettivamente inesistente, ha negato la relativa detrazione Iva.
In entrambi i gradi, i giudici di merito avevano dato ragione alla società contribuente, così l'Agenzia proponeva ricorso per Cassazione. In particolare, nell'accogliere il ricorso delle Entrate, i giudici di legittimità hanno censurato la motivazione della sentenza impugnata e hanno valutato il legittimo assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’ufficio in materia di contestazione delle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti. La Cassazione ha chiarito come l’onere della prova debba essere ripartito tra amministrazione e contribuente ribadendo che qualora l’amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture ai fini Iva spetta all’ufficio fornire la prova che l’operazione oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere. Il contribuente, invece, ha l’onere di dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, e la sua mancanza di consapevolezza di partecipare a un’operazione fraudolenta, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili.