La Corte di cassazione, con la sentenza n. 37169 del 7 settembre 2016 ha precisato che la plusvalenza derivante dalla cessione dell’immobile entro il quinquennio è imponibile per la parte data in locazione anche se una porzione dello stesso immobile è stata comunque adibita ad abitazione principale da un familiare.
La vicenda processuale
Un contribuente persona fisica nel 2004 aveva acquistato un immobile e ne aveva destinato una parte ad abitazione principale di un familiare (la figlia), mentre la restante parte era stata affittata a terzi. Dopo tre anni, quindi prima dello scadere del quinquennio per l'esonero, il contribuente avevo ceduto l'immobile, senza dichiarare la plusvalenza nella dichiarazione dei redditi. Secondo la contribuente infatti l'immobile era utilizzato come abitazione principale, anche se solo parzialmente, perciò aveva il requisito per l'esonero a norma dell'articolo 67 del TUIR.
La Corte d'appello la condannava al reato di dichiarazione infedele per omessa dichiarazione di una plusvalenza generata da un immobile.
La contribuente proponeva ricorso, sottoponendo alla corte di legittimità l'assenza di una specifica normativa nell'articolo 67 del TUIR.
Decisione della Corte di cassazione
La questione principale della controversia è la rilevanza ai fini della non imponibilità della plusvalenza da cessione di immobile abitativo di proprietà nel quinquennio, dell’utilizzo promiscuo dello stesso. L’articolo 67, come specificato dalla Corte di cassazione non esclude che, ai fini impositivi, si possa e si debba distinguere tra parte immobiliare adibita ad abitazione principale del cedente e dei suoi familiari e parte immobiliare ceduta a qualsiasi titolo ai terzi. In particolare l’uso promiscuo dell’immobile come sopra definito “implichi la necessità di distinguere ai fini impositivi la parte che rientra nella previsione agevolativa da quella che invece ne è fuori; che quindi importi una determinazione dell’imposta sulla scorta di un calcolo percentuale basato su tale rapporto peraltro facilmente ancorabile – per il profilo quantitativo – ai dati catastali”.
Infine la Corte sottolinea come non sia possibile un’interpretazione diversa in quanto sarebbe distorsivo per il sistema: “basti pensare al caso, sostanzialmente inverso a quello che occupa, in cui di un intero condominio il proprietario cedente (ovvero un suo familiare) abbia occupato soltanto un appartamento, avendolo locato per il resto a terzi. È chiaro che riconoscendo in tal caso l'esclusione ‘per intero’ della plusvalenza lo scopo della norma impositrice sarebbe in concreto elusa”.