Nella procedura di accertamento tributario gli studi di settore rientrano tra le presunzioni semplici e pertanto sono vincolanti solo se gravi, precisi e concordanti. In questi casi è l'amministrazione finanzaria ad avere l'onere probatorio.
Ma se in sede di contenzioso il contribuente chiede l'applicazione di parametri diversi da quelli adottati l'ufficio, l'onere della prova passa a lui e l’Amministrazione finanziaria è dispensata dall’onere probatorio in sede giudiziale. E' questa la decisione emessa dalla Corte di Cassazione con la sentenza 15604 del 27 luglio 2016, dopo che un contribuente aveva chiesto l'applicazione di uno studio di settore "evoluto" rispetto a quello standard adottato dall'Agenzia delle Entrate.
La vicenda processuale è stata la seguente:
- un contribuente impugnava un avviso di accertamento ricevuto per presunti ricavi non contabilizzati a seguito dell'applicazione dello studio di settore.
- i giudici di merito avevano solo accolto parzialmente il ricorso. Il contribuente aveva chiesto così l'applicazione di uno studio di settore "evoluto" rispetto a quello applicato dall'Amministrazione finanziaria, ma non era riuscito a fornire ulteriori elementi per rimuovere la presunzione dell'ufficio.
- il contribuente ricorre in Cassazione, lamentando tra l'altro:
- la violazione del principio dell'onere della prova. Infatti, siccome nel contradditorio preventivo aveva dimostrato l'inadeguatezza dello studio originale applicando lo studio "evoluto", l'onere probatorio doveva tornare all'amministrazione;
- la violazione dell’obbligo di motivazione dell’atto accertativo.
La Cassazione nella propria sentenza, dava ragione all'Amministrazione finanziaria. Il motivo della pronuncia è stato che l'applicazione di uno studio di settore diverso da quello standard, aveva spostato l'onere della prova a carico del contribuente, liberando così l'amministrazione finanziaria dall'onere probatorio.