Con la sentenza n.1335, depositata il 26 gennaio 2016, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sulla tassazione legata alla rinuncia di crediti da parte dei soci.
In particolare la sentenza riguarda due soci amministratori di S.R.L che avevano rinunciato al trattamento di fine mandato; e a cui l’Agenzia aveva notificato un avviso di accertamento con la ripresa dei redditi IRPEF relativamente all’importo a cui avevano rinunciato. È il cd. “incasso giuridico” consistente nella presunzione che le somme che si devono incassare a cui si rinuncia, sono paragonate alla patrimonializzazione della società e pertanto devono:
- Essere soggette a ritenuta da parte della società,
- Essere soggette a tassazione per il percettore che ha rinunciato.
Secondo i giudici la rinuncia al credito di un socio rappresenta la volontà di patrimonializzare la società e quindi non è equiparabile alla remissione di un debito da parte di un estraneo alla compagine sociale.
La scelta della Suprema Corte si basa sul principio per cui la rinuncia al compenso da parte del socio amministratore è assimilabile alla patrimonializzazione della società con conseguente tassazione dell’incremento del costo fiscale della partecipazione detenuta dal socio, da cui deriva la necessità di applicare le imposte sulla rinuncia.
Questa sentenza è in linea con l’orientamento sia dall’Agenzia delle Entrate che dalla stessa Suprema Corte. In particolare i riferimenti sono:
- La Circolare n. 73 del 1994 dell’Amministrazione finanziaria
- La risoluzione 152/2002 dell’Agenzia delle Entrate.
- La Corte di cassazione nella sentenza 1915/2008.
- La Corte di Cassazione nella sentenza 26842/2014.