La Corte di Cassazione (terza sezione civile) con l'importante sentenza 15107 depositata venerdì 22 luglio 2016 ha condannato un professionista a risarcire integralmente l’importo versato all’Erario da parte di un cliente dello stesso.
La storia è la seguente: un gruppo societario affida al proprio commercialista una complessa ristrutturazione societaria, ed il professionista, errando, gli assicura la neutralità fiscale e la completa assenza di versamenti di tributi in quanto i conferimenti sarebbero dovuti rientrare tra quelli in sospensione d’imposta.
L'amministrazione finanziaria riprende a tassazione i conferimenti, e l'importo complessivo da versare all'Erario ammonta a 1.000.000 di euro.
Il gruppo societario fa così domanda al giudice di inadempimento e risarcimento avverso al proprio consulente. Dopo sentenze diverse di primo e secondo grado, il caso finisce in Cassazione e la Suprema Corte stante la promessa intercorsa tra professionista e cliente di eseguire un restyling societario in neutralità fiscale, addossa il risarcimento dell'intero importo al commercialista.
La Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d'Appello che riteneva che il rapporto contrattuale tra committente e professionista venisse regolato sulla base della precisa individuazione di alcuni obiettivi da raggiungere, tra cui la garanzia dell'assenza di imposta.
Proprio il mancato pagamento delle imposte era l'obbligazione strumentale al raggiungimento di quel preciso risultato, in quanto come sottolineato dalla Cassazione il gruppo non mirava a «una riorganizzazione “qual che fosse” della struttura societaria, bensì una specifica riorganizzazione che consentisse al committente di andare esente da quella tassazione poi invece imposta alla società per fatto e colpa del debitore».