La cessione di beni è di per sé un’operazione che rientra nei poteri dell’organo amministrativo. Potrebbero, però, essere presenti dei limiti a tali poteri, nello statuto o nella delibera di nomina, che impedirebbero all’organo amministrativo di effettuare la vendita senza autorizzazione dell’assemblea: si tratta di una situazione piuttosto ricorrente quando oggetto della cessione sono beni immobili, oppure beni che superano un certo valore.
In casi del genere, l’organo amministrativo deve essere autorizzato dall’assemblea ad effettuare la vendita al socio.
Può anche accadere che sia il consiglio di amministrazione a dover autorizzare l’operazione, che eccede i limiti dei poteri dell’amministratore delegato.
Al di là di vincoli come questi appena citati, resta l’opportunità, se non proprio la necessità, di passare per l’assemblea dei soci prima di effettuare la vendita di un bene sociale ad un socio, perché si tratta comunque di un’operazione dietro alla quale si potrebbero celare conflitti di interesse (specie nelle piccole società a ristretta base).
L’opportunità diventa assoluta necessità di autorizzazione assembleare quando la cessione è fatta ad un prezzo di favore, il che potrebbe avvenire, nel caso degli immobili, per approfittare delle condizioni vantaggiose del regime agevolato della legge di stabilità 2016. La normativa, infatti, in qualche modo autorizza ad effettuare cessioni a prezzi inferiori al valore di mercato, ma ciò non vuol dire che l’organo amministrativo sia esonerato da responsabilità, nei confronti dei soci non cessionari, se crea un danno patrimoniale vendendo un bene per un corrispettivo troppo basso; in questo senso, un’autorizzazione assembleare sembra indispensabile per metterlo al riparo da azioni di responsabilità.