Con la recente ordinanza n. 11781 la Corte di Cassazione si è espressa sulla deducibilità dei compensi degli amministratori con e senza delibera assembleare. La Suprema Corte da così ragione all'Agenzia delle Entrate specificando che: "Se la determinazione della misura dei compensi degli amministratori delle società di capitali, ai sensi dell’art. 2389 del codice civile, non sia stata stabilita nell’atto costitutivo, allora è necessaria un’esplicita delibera assemblare." La delibera per il compenso degli amministratori non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, atteso:
- la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea (articolo 2630, cod. civ., comma 2, abrogato dal D.Lgs. 61/2002, articolo 1);
- la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (articolo 2364, cod. civ., numeri 1 e 3);
- la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (articolo 2434, cod. civ.);
- il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (articolo 2393 cod. civ., comma 2).
Conseguentemente, l’approvazione in sé del bilancio, pur se contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea ai predetti fini, salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori (cfr. sentenze n. 28243/2005, n. 17673/2013, n. 20265/2013, n. 22761/2014 e n. 21953/2015).