La Cassazione sez. lav. 18 maggio 2016, n. 10252 ha stabilito che nel caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il datore di lavoro, ove abbia contestato al lavoratore iI superamento del periodo di comporto prolungato con ricaduta, non può poi modificare l'addebito, invocando il superamento di un diverso e minore periodo di comporto legato all’ipotesi di comporto breve. Anche in tale ipotesi, Infatti, trova applicazione la regola dell'immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo del licenziamento, la quale, operando come fondamentale garanzia giuridica per II lavoratore, il quale vedrebbe altrimenti frustrata la possibilità di contestare la risoluzione unilateralmente attuata e la validità dell'atto di recesso, ha carattere generale, e vale quindi per tutti i casi di assoggettamento del rapporto di lavoro a norme limitatrici del potere di recesso del datore di lavoro, quali sono sia le norme della legge n. 604 del 1966 sia quella di cui all'art. 2110, secondo comma, cod. civ." perfettamente applicabile al caso in esame. In altri termini il datore di lavoro non ha l'onere di specificare dettagliatamente le giornate di assenza del dipendente ma se lo fa (come nel caso in esame visto che nella lettera di recesso era stato allegato un prospetto indicante le assenze effettuate) non può, poi, solo in giudizio, riferirsi ad un periodo che lui stesso non ha preso In alcuna considerazione al momento in cui ha ritenuto di disporre il licenziamento.