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Tag: PROFESSIONE COMMERCIALISTA, ESPERTO CONTABILE, REVISORE PROFESSIONE COMMERCIALISTA, ESPERTO CONTABILE, REVISORE
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roberto - 21/06/2015
Sarebbe sufficiente prevedere che il commercialista non puo essere revisore di societa da lui seguite.
Angelo - 25/09/2013
…Se ogni commercialista dovesse rispondere e indovinare, tra due domande, quella giusta per salvare la propria esistenza e queste fossero: “L’attività del Revisore Legale è una funzione di quelle più ampie del commercialista ?” oppure “L’attività del Revisore Legale è una professione autonoma e distinta dalle altre?” Tutti, ma proprio tutti, risponderebbero quest’ultima… . Questo per dire, a parer mio, che il concetto di alcuni commercialisti in merito ai revisori legali è “un affare privato” al di fuori di ogni logica di comune buon senso e soprattutto di diritto. Che l’Europea abbia decretato la non equipollenza dei titoli professionali di commercialista e revisore non solo non va biasimata ma al contrario applaudita come esempio di buon comportamento. Distinguere le due figure professionali di cui una porta i conti mentre l’altra li controlla significa anzitutto stabilire in via definitiva che il revisore è figura completamente autonoma dalle altre professioni. Corregge, inoltre, un’anomalia perché altrimenti avremmo avuto in capo ad uno stesso professionista, ab origine, due attività tra di loro in conflitto d’interessi tali da snaturare la specificità propria del revisore legale ossia di essere indipendente e soprattutto imparziale. Ma poi se alcuni sostengono che l’equipollenza sopra richiamata sia totale nel senso che l’abilitazione per commercialista sia equivalente a quella di revisore non si comprende perché non debba essere vero anche il contrario visto che i due percorsi formativi sono identici? Perché nel nostro Paese, “culla del diritto”, paradossalmente vi deve essere sempre qualcuno che per ragioni oscure abbia più diritti di altri? Qualcuno dirà: “va beh, l’attività del revisore è una mera funzione”. Scusate ma questo chi lo ha deciso? Di certo non l’Europa, né la nostra Carta Costituzionale nei suoi principi fondamentali, né tantomeno la Corte Costituzionale nelle sue sentenze riguardanti il revisore, ma, un gruppetto di individui che forti della loro rappresentanza nelle stanze del potere hanno sancito, a dispetto di ogni riferimento normativo e di buon senso, che l’attività del revisore sia una funzione. Questo modo di fare, di agire, di incidere sul legislatore per interessi di parte, che si ripete ormai da troppo tempo, non va proprio bene. Ma, poi a vantaggio di chi? Nelle professioni gli incarichi professionali di vario genere sono sempre ripartiti tra i soliti noti, e tutti gli altri discutono se due + due sia uguale a quattro o a tre, mentre altri lavorano, al di là di ogni beneficio collettivo, come conservare e continuare a gestire il loro potere perché solo pochi ne possano avere vantaggio. Ad esempio, nelle norme di comportamento del collegio sindacale approvate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili il 15 dicembre 2010 nella parte relativa al “cumulo di incarichi” non è stato fissato un rigoroso tetto massimo di incarichi assumibili da ciascun professionista. E’ stata, infatti, inserita una cosiddetta “soglia di criticità”, pari a 20 incarichi, il cui superamento deve essere motivato esclusivamente attraverso un’attività di autovalutazione da parte dello stesso professionista. Ciò significa, nei fatti, che non è infrequente ritrovare in capo ad uno stesso professionista 40, 50 o più incarichi, a tutto svantaggio dei più giovani. Non sia dimenticato, inoltre, perché pertinente con quanto poc’anzi detto e con il seguito del ragionamento, che la ricchezza nazionale (fonte Bankitalia) è per il 45% nella mani di un esiguo 8% di individui mentre il restante 92% ne possiede solo il 55%. Questa anomala ripartizione del reddito è la chiara dimostrazione che vi sono meccanismi nel nostro sistema che non funzionano nel modo giusto e fino a quando questi non saranno individuati e aggiustati le cose continueranno a funzionare male. Pochi ne trarranno vantaggio e sempre maggiori saranno le disuguaglianze sociali. Credo che sia giunto il momento di aprire gli occhi e di lavorare insieme perché si abbia un’Italia più giusta nella quale siano rispettati i diritti di tutti e perché si solleciti chi ci governa a fare quelle riforme strutturali che diano soprattutto più equità sociale e maggiori opportunità di lavoro. Solo così si potrà sperare di avere, dopo circa vent’anni, di nuovo un’Italia che cresce per ragioni endogeni e nella quale chi guadagna di più è solo per merito e per capacità di innovazione.
mario - 24/09/2013
ma ancora esami!!!!! ma chi fa le leggi almeno un giorno di lavoro nella sua vita l' ha fatto???? mi sa di no !!! altrimenti non farebbero queste stupidaggini!!!
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