Tra le novità introdotte dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, Finanziaria 2005, nell’ottica del rafforzamento dei poteri di controllo, particolarmente significative, per gli effetti diretti nei confronti degli Uffici e della Guardia di finanza, ma immediati anche nei confronti dell’aumentato numero degli intermediari, risultano le regole concernenti l’attività istruttoria che nel lessico comune, sotto la previgente disciplina, si è consolidata come quella delle “indagini bancarie” e, talvolta, ancor più impropriamente, degli “accertamenti” bancari.
Definizione che ora, per un doveroso adeguamento al nuovo dato normativo, deve invece registrare, quantomeno, anche l’aggettivazione di “finanziarie”, in aderenza alla dimensione e alla destinazione assunte dal più incisivo e penetrante degli strumenti d’indagine, su richiesta e non, in quanto deputato ad operare ben oltre il ristretto piano dei conti correnti bancari e postali, per intercettare, invece, anche il più vasto e articolato ambito generale del mercato finanziario.
In sostanza, al predetto settore d’indagini i commi 402 e 403 dell’art. 1 della legge, nell’ambito dei rispettivi comparti impositivi delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, hanno apportato un forte e importante potenziamento attraverso interventi di varia natura che attengono, da un lato, al problema della chiarezza e della leggibilità dei testi legislativi e, dall’altro lato, rimuovendo anche le non poche “scorie” di segretezza opponibili all’Amministrazione, hanno reso possibile l’accesso a una molteplicità di nuovi rapporti: di natura soggettiva, nei confronti di qualsiasi operatore creditizio o finanziario (comprese, con rinnovata attenzione, le società fiduciarie, comunque denominate), e oggettiva, rispetto a ogni tipologia di rapporto, operazione (intesa in senso omnicomprensivo) anche isolata o servizio, indipendentemente da qualsivoglia collegamento funzionale, anche solamente “connesso”, ad un “conto” la cui nozione, peraltro, si identifica pur’essa in un rapporto, sia pure di natura del tutto speciale, tra intermediario e cliente.
In ogni caso, il risultato complessivo è quello di un equo contemperamento tra l’interesse privato alla riservatezza, derivante dal predetto riserbo “bancario”, e quello pubblico al conseguimento del gettito erariale e alla repressione dell’evasione.