Con la Sentenza n 23489 del 2 settembre la Suprema Corte torna sul problema dell'imposta di registro per l'atto costitutivo delle servitù.
Viene confermato l'orientamento passato secondo cui l'imposta di registro è al 9% tanto se riguarda un fondo agricolo, quando se riguarda un fondo non destinato all'agricoltura, vediamo maggiori dettagli.
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1) Costituzione delle servitù: la Cassazione conferma l'aliquota al 9%
La sentenza della Corte di Cassazione n. 23489 del 2 settembre 2024 ribadisce che l'aliquota dell'imposta di registro da applicare agli atti costitutivi di servitù su terreni agricoli è del 9%, e non il 15%.
Questo orientamento, già confermato in diverse precedenti sentenze, si fonda sulla distinzione tra i concetti di trasferimento e costituzione di diritti reali di godimento.
In particolare, la servitù non implica un trasferimento di proprietà ma solo una compressione del diritto del proprietario del fondo servente, a favore di un altro fondo (dominante), e pertanto non ricade sotto le norme che prevedono l'aliquota più alta del 15%.
L'aliquota del 15% resta applicabile solo per i trasferimenti veri e propri di terreni agricoli a soggetti diversi da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali.
Citando le norme nell’articolo 1 della Tariffa parte prima allegata al Tuir (il Dpr 131/1986, Testo unico dell’imposta di registro):
- al comma 1 vengono menzionati gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento e a essi viene applicata l’aliquota del 9%;
- al comma 3 viene invece disposta l’aliquota del 15 per cento se il trasferimento ha per oggetto terreni agricoli a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali.
Secondo la Corte di cassazione, dato che la servitù non può essere oggetto di un trasferimento, l’atto costitutivo della servitù deve essere collocato nel comma 1 e quindi a non può che applicarsi l’aliquota del 9%, qualunque sia la natura del fondo ove la servitù viene impressa.
Con la Sentenza in oggetto viene quindi respinta (come da altre sentenze) la tesi dell’Agenzia secondo cui il sostantivo trasferimento, utilizzato nel comma 3, sarebbe da intendere come espressione riassuntiva del concetto di atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento.