Nel caso di cessazione di attività di una delle sue sedi, l'azienda che fa ricorso alla CIGS a zero ore, deve includere nell'informativa ai sindacati tutte le informazioni necessarie a giustificare i criteri di scelta dei lavoratori e l'eventuale mancato ricorso a rotazione con altre sedi.
È quanto conferma la Cassazione nell'Ordinanza n. 7642 del 21 marzo 2024, nella quale ha precisato che, nel caso di specie, il datore avrebbe dovuto indicare che l'unità interessata dalla CIGS era del tutto autonoma sotto il profilo organizzativo ed economico, e che le attività svolte erano cessate e non trasferite ad altri siti, nonché il fatto che le professionalità dei dipendenti del sito interessato dalla CIGS erano utilizzabili solo in tale unità.
Vediamo alcuni dettagli nel caso specifico.
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In materia ti puo interessare il Commento a sentenza CIGS e criteri di scelta dei lavoratori Cass. 4886 2015
1) CIGS per chiusura unità produttiva: il caso
La Corte d'Appello di Roma aveva accolto il ricorso presentato da alcune lavoratrici poste in cassa integrazione dall'azienda per chiurura del sito produttivo e, cambiando la decisione precedente del Tribunale, ha stabilito che l'utilizzo della CIGS era illegittimo. Ha quindi ordinato alla società di pagare alle lavoratrici la differenza tra quello che avrebbero guadagnato lavorando normalmente e quello che hanno ricevuto come integrazione straordinaria con gli interessi aggiornati secondo l'inflazione misurata dall'ISTAT.
La Corte ha evidenziato che la società avrebbe dovuto informare dettagliatamente le organizzazioni sindacali sulla sua decisione, inclusi i criteri usati per decidere chi mettere in CIGS. In fatti la comunicazione della società del 28 agosto 2012 non spiegava adeguatamente perché non avesse considerato la possibilità di far ruotare i lavoratori tra diversi siti, né chiariva se le mansioni dei lavoratori potessero essere considerate intercambiabili con quelle di altri siti produttivi
Dopo questa decisione, la società ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che, invece, aveva fornito tutte le informazioni necessarie nella sua comunicazione sulla cassa integrazione, indicando i criteri per l'individuazione dei lavoratori da sospendere.
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2) CIGS per chiusura unità produttiva: obbligo di motivazione
Nella decisione della Corte di Cassazione , si pone enfasi sul dovere dell'azienda di fornire una comunicazione completa ed esaustiva in merito ai criteri di scelta per l'individuazione dei lavoratori da sospendere e sulle ragioni per cui non si è proceduto alla rotazione. Questo obbligo informativo assume particolare rilevanza in contesti di cessazione dell'attività di un'unità produttiva, dove si presume una maggiore complessità nella ricollocazione dei lavoratori.
Il cuore della questione è che, anche in caso di chiusura di un sito produttivo, le aziende devono dimostrare concretamente perché i lavoratori non possano essere impiegati in altre unità produttive o perché la rotazione non sia una soluzione praticabile. Ciò implica una valutazione dettagliata della fungibilità delle mansioni svolte dai lavoratori del sito in chiusura rispetto a quelli degli altri siti, al fine di determinare se effettivamente non esistano possibilità di impiego alternativo.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la comunicazione dell'azienda non avesse fornito una spiegazione adeguata su questi punti. In altre parole, la mancata dimostrazione della non-fungibilità delle mansioni e della reale impossibilità di utilizzare i criteri di rotazione ha contribuito alla valutazione di illegittimità della collocazione in CIGS dei lavoratori interessati dalla chiusura dell'unità produttiva.
Questa decisione sottolinea l'importanza per le aziende di valutare attentamente e di documentare adeguatamente le ragioni delle proprie scelte in situazioni di crisi aziendale, soprattutto quando queste scelte hanno un impatto significativo sui lavoratori. La mancanza di una prova convincente e dettagliata che giustifichi la mancata rotazione o la non-impiegabilità dei lavoratori in altre unità produttive può portare alla valutazione di pratiche non conformi alle disposizioni legislative, con le relative conseguenze legali e risarcitorie.