Per la Cassazione la notifica di una cartella di pagamento effettuata ad una società dichiarata fallita non viola il divieto di compiere azioni esecutive e cautelari sui beni compresi nel Fallimento.
Si tratta del principio espresso nella Ordinanza n 26989 del 16 ottobre scorso, vediamo il caso di specie.
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1) La notifica alla società fallita, legittima la notifica anche al Curatore
Una Corte di giustizia tributaria di secondo grado rigettava l'appello principale proposto dall'Agenzia delle entrate e l'appello incidentale proposto da una Spa in liquidazione e in fallimento, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva accolto il ricorso dalla società contribuente avverso una cartella di pagamento per IRES.
La CTR respingeva l'appello principale dell'ADE e l'appello incidentale della Spa evidenziando che:
- 1) la notificazione della cartella di pagamento nei confronti della società fallita era illegittima in ragione della previsione dell'art. 51 L.Fall., ben potendo l'Agente della riscossione insinuare al passivo il proprio credito sulla base del semplice estratto di ruolo;
- 2) con riferimento alle censure proposte dalla società si rimandava integralmente alla sentenza di primo grado.
L'agenzia proponeva ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.
Con il primo motivo di ricorso, l'ADE deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente deciso la controversia sulla base di una questione – la violazione dell'art. 51 della L.Fall– che non è mai stata tempestivamente proposta in primo grado.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione dell'art. 51 L.Fall., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto l'impossibilità di notificare agli organi del fallimento la cartella di pagamento.
La Cassazione ha ritenuto che il secondo motivo è fondato e assorbe l'esame del primo motivo.
La vicenda processuale è scaturita da un controllo manuale svolto ai sensi dell’articolo 36 –bis del testo unico in tema di accertamento delle imposte sui redditi, Dpr n. 600/1973.
Oggetto del controllo era una dichiarazione dei redditi, “Modello 770” presentato da una società.
Dal controllo è risultato che la società, pur avendo dichiarato come dovute determinate somme a titolo d’imposta, non le aveva poi versate.
Al fine di recuperare le somme dovute all’erario, l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate ha proceduto con l’iscrizione a ruolo.
Quando l’ufficio ha riscontrato il mancato pagamento delle imposte, la società era già stata dichiarata fallita, e si è proceduto con l’iscrizione a ruolo “straordinario”.
In proposito il terzo comma dell’articolo 11 del testo unico sulla riscossione, Dpr n. 602/1973, dispone che “I ruoli straordinari sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione.”
L'ufficio si era avvalso di questa particolare procedura in quanto era già stata emessa la sentenza di fallimento della società debitrice delle imposte.
La società ha impugnato la cartella di pagamento principalmente per tre motivi e secondo i quali:
- la cartella non era stata preceduta dalla notifica di una comunicazione di irregolarità;
- non sussistevano gli estremi per l’iscrizione della società stessa nei ruoli straordinari;
- in presenza di una procedura concorsuale, non sia possibile notificare una cartella di pagamento.
Le osservazioni della società sono state accolte solo parzialmente, sia in primo grado che in sede di appello.
I giudici tributari hanno ritenuto che:
- in caso di controllo ex articolo 36-bis del Dpr n. 600/1973 non vi è l’obbligo di preventivo invio di una comunicazione di irregolarità, prima dell’iscrizione a ruolo delle somme dovute;
- la dichiarazione di fallimento già pronunciata è condizione sufficiente per l’utilizzo della procedura di urgenza dei ruoli straordinari;
- la cartella di pagamento è da annullare, in quanto emessa in violazione dell’articolo 51 della legge fallimentare (Rd. N. 267/1942), in base al quale “…dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.”
In sede di giudizio per Cassazione, l’Agenzia delle entrate ha rilevato che l’attività di notifica di una cartella di pagamento non può essere assimilata all’esercizio di un’azione esecutiva.
La Corte di Cassazione, dopo aver ribadito che l’atto impositivo riguardante un credito tributario di natura concorsuale deve essere notificato sia al fallito che al curatore fallimentare, ha ritenuto legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria, evidenziando che la notifica al curatore fallimentare è “…necessaria ove si voglia procedere alla successiva insinuazione al passivo del credito, onde consentire l’eventuale impugnazione nelle sedi competenti.”
La motivazione ha confermato che la cartella di pagamento non è un atto esecutivo, pertanto la sua notifica non viola il disposto del citato articolo 51 della legge fallimentare.
Pertanto è stato accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate nella parte in cui, i giudicidi merito, avevano ritenuto illegittima la notifica della cartella di pagamento agli organi del fallimento.
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