Oggi non bastano più il conto economico e patrimoniale, servono anche altri parametri che misurano l’impegno delle imprese verso l’attenzione all’ambiente, al sociale e alla propria capacità di governance.
Un’opportunità per gli Studi Professionali di contribuire all’evoluzione con capacità, esperienze e strumenti.
L'ESG sta diventando un elemento centrale nelle strategie aziendali e nelle decisioni di investimento, contribuendo ad una transizione verso un'economia più sostenibile e responsabile.
Questa evoluzione verso i criteri di valutazione ESG dovrebbe muovere i professionisti italiani ad approfondire le loro prospettive consulenziali anche in questo campo verso la propria clientela di PMI industriali e produttive. Anche in considerazione del fatto che le normative europee sono già operative e presto diventeranno obbligo.
Matteo Zordan, Lead Technology Product Manager di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia, specifica il contesto normativo. “La direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è una normativa europea introdotta per migliorare e ampliare il quadro normativo della rendicontazione sulla sostenibilità delle imprese. Rappresenta un aggiornamento e un ampliamento della precedente direttiva NFRD (Non-Financial Reporting Directive), e ha l’obiettivo di rafforzare la trasparenza e la comparabilità delle informazioni non finanziarie fornite dalle imprese europee, specialmente in materia di sostenibilità e fattori ESG. La normativa persegue chiari obiettivi. Innanzitutto intende migliorare la trasparenza e garantire che le aziende forniscano informazioni ESG dettagliate, accurate e verificabili, riducendo i rischi del cosiddetto "greenwashing". Poi persegue la facilitazione della comparabilità. L’intento è quello di creare standard comuni per la rendicontazione, rendendo più facile per gli stakeholder confrontare le performance di sostenibilità di aziende diverse. Con la normativa si vuole inoltre incoraggiare la transizione verso un'economia sostenibile, fare cioè in modo che le aziende prendano decisioni che tengano conto degli impatti ambientali e sociali a lungo termine.”
La direttiva Europea CSRD amplia in modo importante il numero di aziende che devono produrre rendiconti di sostenibilità. Non riguarda più solo le grandi aziende quotate, ma si estende anche alle grandi imprese non quotate, incluse alcune PMI, e a gruppi internazionali che operano nel mercato europeo.
La direttiva impone standard di reporting comuni, denominati ESRS (European Sustainability Reporting Standards), definiti dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).
Questi standard stabiliscono in che modo le imprese devono fornire le informazioni in materia di ambiente, impatti sociali e governance aziendale, assicurando la maggiore possibile comparabilità tra le aziende.
La nuova direttiva richiede che le imprese forniscano dati sugli impatti ambientali delle attività aziendali, sugli aspetti legati ai diritti umani, parità di genere, condizioni di lavoro, salute e sicurezza, relazioni con i dipendenti e impatti sociali più ampi di quelli delle attività produttive. Inoltre richiede anche approfondimenti sulle pratiche di gestione, struttura del consiglio di amministrazione, politiche di remunerazione e meccanismi di controllo e gestione del rischio.
Matteo Zordan specifica che la direttiva impone anche delle attività di verifica. “Le informazioni di sostenibilità fornite dalle imprese devono essere soggette ad audit esterni per garantirne l’accuratezza e l’affidabilità dei dati, esattamente come accade per i bilanci finanziari.”
La CSRD promuove anche la digitalizzazione dei report di sostenibilità attraverso la richiesta di utilizzare un formato di reporting elettronico standard (ESEF, European Single Electronic Format), per facilitare la pubblicazione e la fruizione digitale dei dati da parte degli investitori e degli stakeholder.
Infine le aziende dovranno includere i loro rapporti di sostenibilità nei bilanci annuali, integrando così le informazioni finanziarie e non finanziarie in un unico documento, in modo che gli investitori possano avere una visione completa delle performance aziendali.
Matteo Zordan sottolinea che “i tempi di adozione sono comunque dilatati. La direttiva entrerà gradualmente in vigore tra il 2024 e il 2026 a seconda delle dimensioni dell'azienda e della sua natura. Le grandi imprese di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti sono state le prime a essere soggette all’obbligo di conformarsi già dal 1. gennaio di quest’anno. Seguiranno altre categorie di imprese che dovranno allinearsi ai nuovi requisiti l’anno prossimo e quello successivo.”
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