Con la sentenza 26566 del 22 ottobre 2024 la Cassazione ha approfondito il tema della difficile qualificazione tra autonomia e subordinazione del lavoro giornalistico, In particolare viene cassata la sentenza di appello che non aveva sufficientemente valorizzato gli indizi di integrazione aziendale e obbligo di reperibilità del lavoratore. Questi elementi sono i più qualificanti secondo gli Ermellini.
Vediamo i dettagli del caso e le conclusioni.
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1) Lavoro subordinato del fotoreporter: il caso
La vicenda giudiziaria affrontata dalla Corte di Cassazione ruota attorno alla qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra un fotografo e un network editoriale proprietaria di un quotidiano.
Il lavoratore ricorrente aveva operato come fotoreporter dal 1986 al 2004, e ha rivendicato la natura subordinata del suo lavoro e la relativa retribuzione come "redattore con trent'anni di anzianità".
La Corte d'Appello di Cagliari aveva respinto questa richiesta, evidenziando che la natura del lavoro era di carattere autonomo, sulla base del fatto che il fotografo:
- gestiva un proprio studio fotografico e
- forniva prestazione di servizi anche per altri committenti.
Il fotoreporter ha presentato ricorso alla Cassazione, contestando l’analisi svolta dai giudici di secondo grado e sostenendo che, per la qualificazione del rapporto, contasse l’inserimento stabile nella redazione e il rispetto delle direttive dei capi servizio.
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2) Lavoro giornalisticio: integrazione e reperibilità da valutare
La Cassazione ha accolto il ricorso ritenendo che la Corte d'Appello non avesse dato sufficiente rilievo a vari indizi concreti di subordinazione del rapporto.
Tra questi spiccano:
- la presenza del lavoratore nella riunione "giornaliera" del quotidiano e
- l’obbligo di reperibilità per coprire i turni giornalieri per fornire la documentazione fotografica.
La Suprema Corte inoltre ha ribadito che la mancanza di esclusività del rapporto di lavoro non esclude la possibilità di un inquadramento subordinato, soprattutto in attività prevalentemente intellettuali come quella del giornalista o del fotoreporter.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che il criterio decisivo per la subordinazione non sia necessariamente la continuità giornaliera della prestazione, bensì l’integrazione nell'organizzazione aziendale e la disponibilità del lavoratore a soddisfare le esigenze del datore di lavoro.
La sentenza ricorda che già in passato la Corte ha precisato (Sez. L, Sentenza n. 19681 del 11/09/2009, che: a norma dell'art. 5 del C.C.N.L. 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes con D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 153, ai fini della sussistenza del requisito della subordinazione non si richiede l'impegno in una attività quotidiana con l'obbligo di osservare un orario di lavoro; devono tuttavia ricorrere i requisiti della "continuità di prestazione, vincolo di dipendenza e
responsabilità di un servizio" (art. 2 del citato C.C.N.L.), i quali sussistono quando il giornalista, pur senza essere impegnato in una attività quotidiana, assicuri con continuità, in conformità dell'incarico ricevuto, una prestazione non occasionale rivolta alle esigenze formative o informative riguardanti uno specifico settore di sua competenza"
Concludendo, la Cassazione ha disposto il rinvio alla Corte d'Appello di Cagliari per una nuova valutazione del caso, con l'indicazione di approfondire gli elementi di stabilità e organizzazione del lavoro svolto.
Compito del giudice di rinvio accertare se tali indizi siano sufficienti per configurare il rapporto come subordinato, verificando anche il corretto inquadramento contrattuale. La decisione finale può portare implicazioni rilevanti per la definizione dei confini tra lavoro autonomo e subordinato nel contesto giornalistico, specialmente per coloro che svolgono mansioni di fotoreporter, una figura spesso situata a cavallo tra autonomia professionale e subordinazione organizzativa.
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