La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 26927 del 17 ottobre 2024, ha stabilito che un datore di lavoro non può recedere unilateralmente da un contratto collettivo nazionale (CCNL) , neanche nel periodo di ultrattività dopo la scadenza .
Tale prerogativa spetta esclusivamente alle parti stipulanti, ovvero le associazioni sindacali e datoriali.
La Corte ha inoltre chiarito che il recesso unilaterale non è consentito neppure se giustificato dall'eccessiva onerosità del contratto in situazioni di difficolta economica dell'azienda.
Vediamo maggiori dettagli sul caso e le motivazioni della Corte .
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1) Recesso dal CCNL scaduto: il caso
La controversia riguardava un gruppo di dipendenti non sanitari di una associazione nell'ambito dell'assistenza socio-sanitaria che contestavano l'annuncio del datore di lavoro di voler cambiare il contratto collettivo di lavoro applicato (CCNL della sanità privata).
In ragione di difficoltà economiche dell'ente , il datore di lavoro ha deciso di applicare il CCNL per residenze sanitarie assistenziali (CDR)asserendo che il CCNL sanità era in scadenza .
I lavoratori hanno ritenuto illegittima questa decisione e hanno agito legalmente per ottenere il riconoscimento del loro diritto a mantenere il precedente contratto, chiedendo anche le relative differenze retributive.
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2) Recesso da CCNL : le decisioni di merito e la Cassazione
In primo grado, il Tribunale ha dato ragione ai lavoratori, stabilendo che il CCNL della sanità privata, pur essendo formalmente scaduto nel 2005, continuava a essere valido grazie alla clausola di ultrattività, che ne prorogava l’efficacia fino al rinnovo avvenuto nell'ottobre 2020. Di conseguenza, la decisione unilaterale di applicare il CCNL CDR è stata dichiarata illegittima.
La Corte d'Appello ha confermato la sentenza del Tribunale, affermando che il datore di lavoro non poteva recedere unilateralmente dal CCNL sanità privata, poiché la clausola di ultrattività vincolava le parti fino al rinnovo.
La Corte ha inoltre respinto l’argomentazione secondo cui l'eccessiva onerosità del contratto avrebbe giustificato il recesso unilaterale, precisando che tale facoltà è riservata solo alle parti stipulanti del CCNL e non può essere esercitata dal singolo datore di lavoro. Nella sentenza di secondo grado veniva anche ricordato che invece nei contratti aziendali, stipulati direttamente con i sindacati locali, è possibile recedere unilateralmente.
La Corte di Cassazione, con la sentenza ha confermato la decisione di secondo grado e rigettato il ricorso del datore di lavoro, confermando l'applicabilità della clausola di ultrattività del CCNL sanità privata e ribadendo che il recesso unilaterale non era legittimo.
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