Con il termine “esterovestizione” si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una persona fisica o di una società all’estero, in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza.
L’espediente utilizzato dal contribuente di stabilire la propria residenza o di localizzare una determinata struttura societaria in un Paese a fiscalità privilegiata anziché in Italia è molto appetibile, in quanto ciò gli consente di sfuggire all’applicazione del criterio della worldwide taxation e, pertanto, di essere assoggettato ad una pressione fiscale meno gravosa, se non addirittura inesistente. Il concetto di esterovestizione è strettamente correlato a quello di residenza; difatti, è esterovestito quel soggetto che, pur avendo la residenza (nel caso di persona fisica) o la sede (nel caso si tratti di ente o di società) formale all’estero, ciò nonostante, al verificarsi di determinati presupposti, espressamente indicati dal TUIR - Testo Unico Imposte sui Redditi -, deve considerarsi fiscalmente residente nel territorio dello Stato italiano.
Sostanzialmente, si realizza una “dissociazione” tra residenza reale e residenza fittizia/formale del soggetto passivo (persona fisica o società), che persegue lo scopo di assoggettare i propri redditi a tassazione in un Paese o in un territorio a fiscalità privilegiata.
L’ordinamento tributario italiano è dotato di specifiche norme che consentono di individuare la residenza ai fini fiscali dei soggetti passivi, in funzione di concreti elementi, alternativi tra di loro, che individuano il legame della persona fisica o della società con il territorio dello Stato Italiano.
Dal luglio 2006, con il Decreto Visco-Bersani (Decreto Legge 223/2006, convertito in Legge 248/2006), nel testo dell’articolo 73 del TUIR sono stati introdotti i commi 5-bis e 5-ter, recanti la disciplina della presunzione di residenza in Italia di società ed enti esteri, al ricorrere di determinate condizioni.
Si presumono residenti in Italia, salvo prova contraria, quelle società o quegli enti che, pur avendo la sede legale o amministrativa all’estero, detengono direttamente partecipazioni di controllo ai sensi dell’art. 2359 comma 1 c.c., in una società di capitali o altro ente commerciale residente in Italia e, allo stesso tempo, sono assoggettati al controllo, anche indiretto, da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano oppure presentano un organo di gestione composto prevalentemente da amministratori residenti in Italia.
L’eventuale collocazione in Italia della residenza fiscale di società costituite all’estero, operata dell’Amministrazione Finanziaria in sede di verifica, determina, in primo luogo, la loro riconduzione nell’ambito dei soggetti residenti in Italia e di conseguenza potranno essere contestati rilievi, tanto di natura sostanziale, quanto di natura formale, che attengono all’IRES, all’IVA, ai sostituti d’imposta e, marginalmente, all’IRAP.
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Per approfondire ti consigliamo “Sentenze in tema di esterovestizione” una breve e utile rassegna della più recente giurisprudenza interna (ordinata per Commissione tributaria provinciale, Regionale e Cassazione) è diretta ad evidenziare taluni indirizzi interpretativi attinenti alle contestazioni in materia di esterovestizione.