I costi pluriennali presentano caratteristiche di aleatorietà ed indeterminatezza estremamente marcate, tanto che la loro capitalizzazione è consentita esclusivamente al ricorrere di determinate condizioni:
• effettivo sostenimento;
• carattere straordinario e non ricorrente;
• utilità pluriennale;
• sussistenza di un rapporto causa/effetto tra il costo e l’utilità futura;
• congruenza;
• finalità diretta: - alla costituzione della società ovvero dell’azienda; - all’ampliamento della società o dell’azienda verso attività precedentemente non perseguite; - all’ampliamento quantitativo in misura tale da apparire straordinario.
L'iscrizione di un costo pluriennale é innanzitutto subordinata all'accertamento dell'utilità futura, compito in taluni casi demandato, oltreché agli amministratori, anche agli organi di controllo (collegio sindacale). Per le particolari categorie di costi pluriennali quali i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, sviluppo e di pubblicità a volte l'utilità pluriennale é giustificabile solo in seguito al verificarsi di determinate condizioni gestionali, produttive, di mercato che al momento del sostenimento dei costi possono solo essere presunte. In questa situazione il legislatore non ha ritenuto di stabilire regole precise per la capitalizzazione; tuttavia ha posto dei vincoli:
• il consenso del collegio sindacale per l’inscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale;
• il divieto di distribuzione di utili, se non vi siano riserve disponibili superiori ai costi capitalizzati.
Accertata l’utilità pluriennale di determinati costi, si pone il problema di stabilire se vi sia l’obbligo o la facoltà di iscrivere tali costi fra le attività di bilancio. Per tali categorie di costi, caratterizzate da un alto grado di aleatorietà e condizionate da valutazioni spesso soggettive, il principio della prudenza dovrebbe prevalere. Pertanto si ritiene che l’iscrizione di dette poste nell’attivo di bilancio costituisca una facoltà e non un obbligo.