Dall' indebita deduzione di costi relativi a fatture per operazioni inesistenti, attraverso il semplice calcolo matematico, deriva l’incremento del reddito imponibile per un importo corrispondente a quello detratto. Ma se l’onere dell'accertamento dell’inesistenza dell’operazioni grava sull’Amministrazione finanziaria , sono sufficienti a questo fine presunzioni semplici, gravi e concordanti, per cui al contribuente spetta l’onere della prova contraria, cioé che i costi si riferiscano ad operazioni effettivamente realizzate. Questa la decisione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8211 dell’11 Aprile 2011
L’Amministrazione finanziaria, nel rispetto dello Statuto del Contribuente deve allegare gli atti citati nell’avviso di accertamento per integrare le ragioni che, secondo la stessa fondano l’atto impositivo, mettendo a conoscenza il cittadino delle cause e dando modo di approntare la propria difesa . Tale obbligo è però da considerarsi limitato ai soli atti di riferimento necessari per sostenere le ragioni dell’Amministrazione quando esse non siano già conosciute dal contribuente. Questo quanto deciso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 5082 del 2 marzo 2011
La confisca dei beni, in caso di indebita compensazione dell’IVA, è legittima nei confronti di tutti i soci e non solo dell’amministratore, poiché non è dimostrabile che i vantaggi fiscali riguardino solo la società che ha beneficiato del reato. Tutti i soci infatti si presuppongono corresponsabili della condotta sociale e sono quindi penalmente perseguibili e assoggettabili al sequestro dei beni personali.Questa la decisione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 662/2011
L’accertamento fondato sulle indagini bancarie fatte dal fisco decade se in giudizio è stata dichiarata la nullità di un primo atto impositivo basato sugli stessi dati. Si ribadisce cioè il principio del “ne bis in idem” prevedendo che se due giudizi hanno ad oggetto lo stesso rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, il punto accertato e risolto non può più essere esaminato in altri giudizi. Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4383 del 23 Febbraio 2011.
L’accertamento IVA basato su altro accertamento induttivo, per imposte dirette nel caso specifico, è considerato legittimo. Si tratta infatti non di allargamento del valore delle presunzioni ma di acquisizione secondo legge in base all’articolo 51, comma n. 5: se sono stati accertati nei confronti di un contribuente determinati fatti da parte dell'ufficio delle imposte dirette, l’Ufficio IVA non è tenuto a svolgere nessuna altra indagine per procedere nei confronti dello stesso contribuente relativamente agli stessi eventi economici. Questo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1202 del 20 Gennaio 2011.
Le scritture contabili dalle quali si può desumere il pagamento di un debito, in mancanza di altri elementi che dimostrino il soddisfacimento dell'obbligazione, non possono assolvere la funzione di prova a favore del debitore. Questo, ribadendo un consolidato orientamento, ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 105 del 4 Gennaio 2011.
Il liquidatore dei beni del concordato preventivo non può essere considerato soggetto attivo dei reati di bancarotta di cui agli artt. 223 e 224 legge fall., richiamati nell’art. 236, comma secondo, n. 1, stessa legge, in quanto non espressamente menzionato tra gli autori propri dei suddetti reati, per come vengono indicati da tale disposizione né può essere ricompreso nella categoria dei “liquidatori di società” menzionata dalla stessa disposizione. Questo il principio di diritto ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 43428 del 7 Dicembre 2010
Nel caso di modifiche nella dichiarazione dei redditi successive alla liquidazione il contribuente deve provare la correttezza del suo operato.Questo quanto afferma la sentenza n. 22553 /2010 della Corte di Cassazione
All’IRAP si applica la disciplina dell’ILOR e le società di riscossione devono essere rimborsate delle spese per l’ammissione al passivo del fallimento, questo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione Sentenza n. 4861/2010