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FALSA PERIZIA: RESPONSABILITÀ DEL PERITO E RELATIVE SANZIONI

Falsa perizia: responsabilità del perito e relative sanzioni

La responsabilità penale del perito può trovare origine anche dalla falsa perizia. La falsità, per essere punibile, deve essere giuridicamente rilevante

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La responsabilità penale del perito può trovare la propria origine dalla violazione degli artt. 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti), 373 (falsa perizia o interpretazione), 374 (frode processuale) del codice penale.

Approfondiamo la fattispecie della falsa perizia con un estratto da Manuale del Perito e del Consulente Tecnico – libro di carta.


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1) Quando il perito è responsabile per falsa perizia

Come già riferito in precedenza l’art. 373 c.p. dispone che «il perito o l’interprete che, nominato dall’autorità giudiziaria, dà parere o interpretazioni mendaci o afferma fatti non conformi al vero soggiace alle pene stabilite nell’articolo precedente. La condanna importa, oltre l’interdizione dai pubblici uffici, l’interdizione dalla professione o dall’arte».

L’art. 372 c.p. aggiunge poi che «chiunque, deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni».

In particolare il perito ricade nel reato di falsa perizia nelle seguenti ipotesi:

  • dà un parere mendace: in tal caso la responsabilità penale è impossibile da dimostrare in quanto, partendo dal presupposto che il perito formula sempre un giudizio, per dimostrare che la perizia è mendace si deve dimostrare che il parere espresso diverge dall’intimo convincimento del perito, ossia che il giudizio espresso è diverso da quello che, secondo la coscienza dal perito, corrisponde alla verità;
  • afferma fatti non conformi al vero: ricorre tale ipotesi quando il perito dichiara, contrariamente al vero, di aver ricevuto una certa dichiarazione, di avere eseguito una determinata indagine, ecc.

In ogni caso, la falsità deve essere di un certo peso, deve essere idonea a condurre ad una valutazione diversa da quella cui si sarebbe pervenuti senza di essa. Questo in base al noto principio secondo cui la falsità, per essere punibile, deve essere giuridicamente rilevante.

Va infine chiarito che la condotta del perito, che abbia redatto una perizia falsa, non è punibile se il perito stesso non avrebbe dovuto assumere l’incarico in base a determinate disposizioni di legge o nel caso in cui contro di esso sia stata formulata istanza di ricusazione.

Il perito ha perciò l’obbligo di riferire tutta la verità, sia perché è vincolato da un giuramento, sia perché affermando il vero evita il vizio della reticenza e non cade nella falsità.

Trattandosi di delitto di falso giuramento, s’intende tutelare l’interesse alla veridicità della dichiarazione giurata per una corretta amministrazione della giustizia. Il perito è sanzionato poi quando fornisce all’autorità giudiziaria pareri o interpretazioni falsi o afferma fatti non conformi al vero.

In particolare il perito ricade nel reato di falsa perizia nelle seguenti ipotesi:

  • nasconde la sua incompetenza;
  • nasconde la sua incapacità naturale o legale nel redigere la perizia;
  • tace sulla sua condizione d’incompatibilità o di ricusabilità;
  • non si attiva nelle indagini necessarie;
  • non fornisce determinati elementi di valutazione.

La perizia risulta viziata infine quando in essa risultano affermati fatti non rispondenti al vero o scaturenti da prove false.

Tuttavia la perizia, anche se falsa, non è punibile se il perito non avrebbe dovuto assumere l’incarico in base a determinate disposizioni di legge o nel caso in cui contro di esso sia stata formulata istanza di ricusazione.

Al perito inoltre si estendono anche le fattispecie che sono proprie del pubblico ufficiale. In particolare l’art. 378 c.p. dispone che «chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena di morte o l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni.

Quando il delitto commesso è quello previsto dall’art. 416-bis, si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a euro 516.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto». La fattispecie esaminata integra infatti il reato di favoreggiamento personale.

L’art. 379 c.p. sancisce che «chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648, 648-bis, 648-ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni, se si tratta di delitto, e con la multa da euro 51 a euro 1.032 se si tratta di contravvenzione. Si applicano le disposizioni del primo e dell’ultimo capoverso dell’articolo precedente». Trattasi in questo caso di favoreggiamento reale.

L’art. 476 c.p. dispone poi che «Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni». In questo caso si parla di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Va altresì valutato se il reato sia nel caso concreto strumentale ad una ipotesi di favoreggiamento personale o di favoreggiamento reale, eventualmente nel contesto di un più ampio disegno criminoso.

L’art. 479 c.p. infine, occupandosi della falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, stabilisce che «Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476 c.p.».

Estratto da Manuale del Perito e del Consulente Tecnico – libro di carta.

Fonte immagine: Foto di Mohamed Hassan da Pixabay
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