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LE AVVERTENZE PER INDIVIDUARE LA RESIDENZA FISCALE - PRIMA PARTE

Le avvertenze per individuare la residenza fiscale - prima parte

Nuova nozione di soggetto residente; residenza collegata al domicilio; Residenza e presenza fisica; lavoro agile. Ecco le novità

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Lo speciale si sofferma sui nuovi criteri per determinare la residenza fiscale. In particolare approfondisce la nuova nozione di soggetto residente, il nuovo concetto di domicilio e le implicazioni per chi lavora in modalità agile/ smart working.

Leggi anche Le avvertenze per individuare la residenza fiscale - seconda parte

1) La nuova nozione di soggetto residente

Una persona fisica è considerata residente nel territorio dello Stato ai fini fiscali, per cui deve dichiarare in Italia i redditi ovunque prodotti applicando il principio di worldwide taxation, se per la maggior parte del periodo d’imposta (cioè 183 giorni, ovvero 184 giorni se l’anno è bisestile), considerando anche le frazioni di giorno (art. 1 del d. lgs. 27.12.2023, n. 209):

  • ha la residenza ai sensi del codice civile;
  • ha il domicilio, da intendersi come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;
  • è presente nel territorio dello Stato, tenuto conto anche delle frazioni di giorno; anche un’ora di presenza è considerata “giorno” al fine del computo dei 183 (o 184) giorni;
  • è iscritta nell’anagrafe della popolazione residente, condizione di “presunzione relativa” e non di “presunzione assoluta”.

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2) La residenza collegata al domicilio

Secondo l’art. 43, 2° comma, c.c. la residenza è il luogo abituale in cui la persona ha la dimora abituale. Il primo comma afferma che il domicilio è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

Dall'1.1.2024, quest’ultimo concetto è cambiato.

La norma precisa che per “domicilio” si intende “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”. Tale principio è chiarito con la circolare 4.1.11.2024, n. 20/E, secondo cui nella nozione di “relazioni personali e familiari” rientrano “sia i rapporti tipici disciplinati dalle vigenti disposizioni normative (come ad esempio di rapporto di coniugio o il rapporto di unione civile) sia le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità che esprimono un radicamento con il territorio dello Stato (ad esempio, nel caso di coppie conviventi). Parimenti, può assumere rilievo la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente nella misura in cui risulti da elementi certi, come ad esempio, l’iscrizione annuale ad un circolo culturale e sportivo”.

La verifica del domicilio va fatta considerando i suddetti elementi ma senza prescindere dalla constatazione anche di altri elementi che concorrono a dimostrare concretamente un legame. Ad esempio, può verificarsi il caso che una persona sia iscritta all’AIRE essendosi trasferita all’estero per motivi di lavoro ma tiene a propria disposizione un’abitazione in Italia, nella quale permangono le utenze e nella quale rientra per i fine settimana e i periodi di ferie: sono elementi che dimostrano il legame di relazioni con la presunzione derivata dal nuovo concetto di domicilio.

Non va sottovalutato il caso in cui, mancando la residenza, la persona detiene in proprietà un’abitazione, sia in Italia nella quale abita il figlio nato dal primo matrimonio, sia nell’altro Stato A in cui l’attuale coniuge il quale ordinariamente lavora in Italia ma effettua viaggi all’estero e anche nell’altro Stato A durante i fine settimana e i giorni di astensione dal lavoro. Ipotizzando che il contribuente permanga mediamente 135 giorni in Italia, 125 nello Stato A e 100 in altri paesi il problema non è semplice perché i figli sono in Italia e la moglie nello Stato A per cui è da ritenere che un utile criterio possa essere individuato nel periodo di permanenza fisica in Italia.

La presenza del requisito formale dell’iscrizione all’AIRE può essere integrata con la verifica dei criteri alternativi di residenza, correlata alla “fittizia allocazione all’estero della residenza fiscale” (circolare 20.6.2022, n. 21, paragrafo 1.5.2) e di domicilio, correlato alla presenza dei propri interessi rilevanti in Italia, anche di natura patrimoniale.

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3) La residenza e la presenza fisica

La norma attribuisce rilevanza di “residenza fiscale” alla presenza fisica in Italia, a prescindere dalle altre circostanze indicate all’art. 2, comma 2, del d.p.r. 22.12.1986, n. 917.

Questa nuova regola può trovare applicazione nei confronti della persona che abbia trascorso in Italia la maggior parte del periodo di imposta, anche in modo frazionato, per vacanza o per studio o per visitare amici e parenti o per motivi di lavoro mantenendo la residenza, la famiglia e altri legami affettivi e personali all’estero.

L’analisi, che ha come cardine l’elemento presenza anche non continuativa, deve avere dei riscontri che documentino i giorni e le frazioni di giorno rilevanti.

La circolare 4.11.2024, n. 20/E, precisa che:

  • il contribuente può fornire la prova “di non avere in Italia la residenza, il domicilio e di non essere stato fisicamente presente nel territorio dello Stato”;
  • ai fini del calcolo complessivo della presenza fisica “si tiene conto della permanenza entro i confini nazionali per una qualunque frazione di giorno”.

La circolare ipotizza il caso di una persona fisica non residente che giunga in Italia con un aereoplano atterrato alle ore 23.00 dell' 1.7.2024 per restare qui ininterrottamente fino alle ore 01.00 del 31.12.2024. “Anche i giorni 1.7 e 31.12.2024 sono considerati interamente nonostante il contribuente abbia trascorso sul territorio dello Stato una sola ora in ciascuna giornata per cui è considerato fiscalmente residente in Italia per l’anno 2024”. Tuttavia, la regola è temperata dal fatto che la presenza può essere temporanea o occasionale o nel caso di scalo aereo dovuto ad una coincidenza per raggiungere un Paese estero.

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4) Il lavoro agile

Relativamente alle “modalità lavorative agili”, se le prestazioni sono rese dall’Italia sussiste il presupposto di residenza e di domicilio: la permanenza per la maggior parte del periodo d’imposta determina la presenza del requisito di residenza fiscale. Operativamente, l’interessato deve dichiarare tutti i suoi redditi e non soltanto quanto ha ricevuto per l’attività lavorativa resa in Italia. Tuttavia, è necessario prestare attenzione alla presenza delle regole indicate nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni che disciplinano l’imposizione per particolari redditi (circolare citata).

La problematica è diversa se le prestazioni sono rese in smart working dall’estero: anche se la presenza fisica permane per la maggior parte dell’anno, si ravvisa la residenza fiscale in Italia se sussiste almeno uno degli altri tre criteri indicati nell’art. 2, comma 1, del d.p.r. 22.12.1986, n. 917, cioè se è mantenuta nello Stato la residenza o qui è presente il domicilio o se l’interessato è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente.

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Fonte immagine: Foto di Gordon Johnson da Pixabay
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