Con la recente Circolare 21E l’Agenzia Entrate cerca di fare luce sulla nuova disposizione normativa contenuta negli articoli 10-quater e 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), introdotti dall’articolo 1, comma 1, lett. m), del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 219, emanato in attuazione della legge 9 agosto 2023, n. 111, recante Delega al Governo per la riforma fiscale.
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1) Autotutela obbligatoria: il quadro normativo
L’istituto dell’autotutela tributaria risulta attualmente disciplinato dagli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente, introdotti dal decreto legislativo n. 219 del 2023 in attuazione dell’articolo 4, comma 1, lett. h), della legge n. 111 del 2023.
Nello specifico, l’articolo 10-quater, rubricato «Esercizio del potere di autotutela obbligatoria», al primo comma, stabilisce che «L’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi» nelle ipotesi di «manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione» espressamente elencate dalla richiamata disposizione.
L’articolo 10-quinquies, rubricato «Esercizio del potere di autotutela facoltativa», prevede altresì la facoltà in capo all’amministrazione finanziaria di esercitare comunque il potere di autotutela al di fuori dei casi di autotutela obbligatoria.
Da ultimo, il decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 220 ha inserito nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’articolo 19 (nuove lettere g-bis) e g-ter)) del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 5463, «il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212» e «il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212».
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2) Autotutela obbligatoria: cosa esplicita la circolare
Dopo una corposa introduzione normativa, la Circolare 21E prova a porre ordine in merito alle varie fattispecie nelle quali sussista o meno l’obbligo, da parte degli Uffici, di procedere in autotutela.
Tale esercizio ermeneutico, tuttavia, pone non pochi dubbi circa il tentativo, non velato, che il legislatore invece ha tentato di introdurre con la nuova normativa, cioè quello di togliere discrezionalità agli Uffici circa la necessità di procedere in autotutela annullando quegli atti chiaramente viziati.
Ma entriamo nello specifico della Circolare
1. Casi tassativi di autotutela (art.10 quater dello statuto del contribuente):
L’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:
a) errore di persona;
b) errore di calcolo;
c) errore sull’individuazione del tributo;
d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria;
e) errore sul presupposto d’imposta;
f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
Come indica la Circolare qui oggetto di analisi, le ipotesi sopra richiamate devono ritenersi tassative e, quindi, di stretta interpretazione.
Viene altresì specificato che tale potere di autotutela riguarda anche procedimenti aventi ad oggetto atti di competenza dell’agenzia del territorio.
2. Ipotesi di non obbligatorietà ma, tuttavia, di “possibile autotutela” (c.d. autotutela facoltativa)
Su questo punto , a parere di chi scrive, l’Agenzia si avventura su un campo pericoloso nel tentativo di esplicitare il principio sotteso a tale particolare tipologia di autotutela, in quanto vengono introdotti ragionamenti che poco hanno ha che vedere con la certezza del diritto e, si ribadisce, con l’intento che il legislatore ha (avrebbe?) voluto perseguire introducendo tale nuova fattispecie.
Nello specifico l’Agenzia ritiene che l’autotutela facoltativa si manifesti in tutti quei casi in cui, su istanza di parte, il loro apprezzamento presupponga la soluzione di questioni interpretative obiettivamente incerte, come, ad esempio, per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali, dovendosi tali vizi manifestare, in ogni caso, in errori non rilevabili ictu oculi.
Orbene per un operatore del diritto “navigato” è palese come, tale assunto, ponga non pochi problemi operativi circa la concreta operatività della autotutela facoltativa.
È noto, infatti, come non solo la prassi ma la stessa giurisprudenza tributaria sia quanto mai prolifica di pronunce spesso contrastanti sia per principi che per conclusioni e che, pertanto, difficilmente sarà l’Ufficio a far “pendere l’ago della bilancia” a favore o meno del contribuente in merito ad istanze di autotutela che, proprio per la loro non obbligatorietà, riconoscono agli Uffici ampi spazi di manovra (oltre ad una inesistente responsabilità).
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3) Autotutela obbligatoria: modalità di presentazione dell’autotutela
La Circolare prosegue poi nell’indicare le modalità tramite le quali i Contribuenti sono chiamati ad esercitare l’autotutela facoltativa (si ricorda che, per dettato normativo, l’autotutela obbligatoria non necessita di alcun atto d’impulso di parte essendo esperibile direttamente d’ufficio).
La domanda di autotutela va presentata, mediante PEC o consegna diretta, alla Direzione provinciale di domicilio fiscale del contribuente.
L’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere all’istanza di autotutela obbligatoria entro il termine di 90 giorni dalla sua ricezione
Viene specificato, altresì che, ai sensi del comma 2 dell’articolo 10-quater «L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione».
In buona sostanza, la Circolare, in tale ipotesi, chiarisce in modo inequivocabile, che pur in presenza di un giudicato sostanziale, il potere di autotutela deve, comunque, essere esercitato per vizi che dimostrino la manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione diversi da quelli sui quali si è pronunciato il giudice.
Il limite temporale per tale fattispecie è di un anno a decorre «dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione».
Sul punto, rileva la data di presentazione dell’istanza di autotutela da parte del contribuente (Pec o consegna diretta all’Ufficio competente).
Pertanto, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere anche oltre l’anno dalla definitività dell’atto di imposizione purché l’istanza di autotutela sia stata presentata prima del termine decadenziale.
L’Agenzia, infine, tentando di promuovere ulteriormente lo spirito di compliance che ha accompagnato l’introduzione della normativa che qui ci occupa, apre alla possibilità di presentazione (e quindi di valutazione da parte degli Uffici senza che vi sia un rigetto immediato per mancato rispetto del termine temporale sopra citato) anche oltre l’anno.
Viene tuttavia indicato che “per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, richiamate dal legislatore delegato, l’istanza di autotutela – sia essa facoltativa che obbligatoria – non può più essere presentata o, comunque, una volta presentata, il provvedimento di autotutela non può più intervenire quando l’atto di imposizione è stato oggetto, anche parzialmente, di qualunque forma di definizione della pretesa, anche agevolata (ad esempio, nel caso di accertamento con adesione, conciliazione, acquiescenza).”
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4) Autotutela obbligatoria: conseguenze dell’autotutela
Successivamente, la Circolare elenca gli effetti derivanti dalla presentazione dell’istanza.
Quando l’Ufficio, al termine della fase istruttoria, conclude il relativo iter con un provvedimento espresso di accoglimento o di diniego, adeguatamente motivato, lo notifica al contribuente
Qualora, invece, l’Ufficio ritenga di accogliere solo parzialmente la richiesta di annullamento, lo stesso notifica al contribuente un provvedimento di autotutela parziale contenente la rideterminazione delle somme dovute.
Considerato che il provvedimento di autotutela parziale comporta un rifiuto espresso sulla parte di richieste non accolte, divenute impugnabili ai sensi dell’articolo 19, comma 1, lett. g-bis) e g-ter) del decreto legislativo n. 546 del 1992, gli Uffici sono tenuti a motivare l’atto, in punto di fatto e di diritto, anche per relationem ove ne ricorrono le condizioni, indicando le ragioni per le quali non ritengono accoglibile l’istanza del contribuente.
Nel caso in cui siano ancora pendenti i termini di emissione di un nuovo provvedimento e non sia intervenuta una pronuncia giudiziale passata in giudicato, l’Ufficio terrà conto delle indicazioni fornite con l’autotutela al fine di emendare il successivo atto, ripulito dai vizi del precedente.
Sul punto la Circolare specifica la non obbligatorietà di tale emendabilità collegandolo al c.d. principio del ne bis in idem previsto anche nel procedimento tributario (previsto dal nuovo articolo 9bis dello Statuto del Contribuente)
In particolare viene riconosciuto il diritto del contribuente «a che l’amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d’imposta», dall’altro viene stabilito che il richiamato principio di unicità dell’azione accertativa consente «l’emendabilità dei vizi formali e procedurali dell’atto» e può essere derogato laddove «specifiche disposizioni prevedano diversamente».
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5) Autotutela obbligatoria: responsabilità del funzionario
Da ultimo, la Circolare specifica la responsabilità del funzionario procedente (novità assoluta, almeno a questo livello, introdotta dalla nuova normativa)
Viene infatti ricordato che il comma 3 dell’articolo 10-quater dispone «Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo”
Sulla base della disciplina generale dettata dal citato articolo 1 della legge n. 20 del 1994, il funzionario che, nell’esercizio delle proprie funzioni, arrechi un danno patrimoniale all’amministrazione di appartenenza o ad altro ente pubblico, per l’inosservanza, dolosa o gravemente colposa, dei suoi obblighi di servizio, è tenuto al risarcimento del danno.
Tuttavia tale responsabilità è totalmente esclusa in ipotesi di diniego di autotutela legate a cause di grave violazione degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia.
E proprio tale esclusione, a parere di chi scrive, comporta una totale inutilità di quest’ultima previsione normativa in quanto , scorrendo le varie vicende tributarie di anni e anni di contenziosi tributari, di funzionari che con dolo abbiano portato avanti (o abbiano omesso) comportamenti o atti del tutto infondati non vi è praticamente traccia, di esempi invece di imperizia, diligenza o prudenza ce ne sarebbero in abbondanza.
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